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Alcool e digestione

di Michele Scognamiglio

Alzi la mano chi dopo un pranzo veramente impegnativo non cerca conforto in un bicchierino di amaro o di distillato nella speranza di aiutare lo stomaco ingorgato nel suo faticoso lavoro di digestione.

L’aspetto più curioso della faccenda è che la stragrande maggioranza di coloro che confidano nel bicchierino, è realmente convinta di ricevere da esso “una mano”. Addirittura sono parecchi coloro che credono che “l’aiutino”sia in qualche modo direttamente legato alla quantità ed alla potenza alcolica di quanto frettolosamente buttato giù.

Nel caso fosse pure ghiacciato, allora siamo davanti al rimedio perfetto, non c’e nulla di meglio!

Spazio allora sulla tavola a fine pasto alle colorate bottiglie di amari e digestivi, senza dimenticare il limonello o il nocino di mammà!

Quello speciale, fatto in casa con le quaranta noci verdi raccolte la vigilia di San Giovanni la cui ricetta rientra nel patrimonio di famiglia e sulla cui efficacia si fa peccato solo a dubitarne.

Il termine digestivo deriva dal tardo latino digestivus e fa riferimento alla capacità di diverse sostanze di favorire il processo digestivo che di fatto consiste nella progressiva scomposizione del cibo in parti sempre più piccole allo scopo di favorire l’assorbimento dei diversi nutrienti in esso contenuti.

Siamo abituati a definire digestivi prodotti alcolici consumati a fine pasto come supporto alla digestione che in realtà pur volendo, non potranno fornire un valido aiuto a stomaco e compagni.

Anzi, in molti casi potrebbero paradossalmente rallentarne l’attività. L’alcol infatti, componente generoso delle bevande in questione esercita un effetto depressivo, rallentante non solo sull’attività cerebrale ma anche sui meccanismi che regolano lo svuotamento gastrico.

Il risultato, quindi anche in caso di ripetute alzate di bicchierini si tradurrà in una maggiore permanenza del cibo nello stomaco.

Inoltre, l’etanolo specie quando in eccesso e a digiuno esercita un’azione lesiva diretta…

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