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Al Golf Chervò San Vigilio

di Paolo Pilla

Siamo a Pozzolengo, in quel lembo dell’anfiteatro morenico del Garda denominato “Giardino dei Ghiacciai”, in cui le ultime glaciazioni hanno modellato delicati colli ed estese campagne. Adagiato sulle colline al confine tra le province di Brescia, Mantova e Verona, accoglie in pianori e piccole alture la zona viticola del “Lugana”, prezioso vino noto in tutto il mondo. I ben curati filari distesi al sole lasciano spazio a boschi di carpini, olmi, platani, roveri, e a zone umide. Si respira aria fine, nel clima dolce del vicino lago di Garda.

Frequentato fin dalla preistoria, Pozzolengo divenne una “mansio” romana, cui si avviluppò il primo importante insediamento, sulla via “Cavallara” (la via che da Brescia portava a Verona).

Attorno all’anno mille, per difendere la popolazione dalle scorrerie ungare, fu eretto un possente castello sulla sommità del monte Fluno, al cui interno è presente un borgo medievale fortificato, ancor oggi abitato, con al suo interno l’antica abbazia benedettina del XII secolo. Interessante è anche la chiesa eretta nel 1510, che custodisce tele di grande pregio artistico, e un bell’esemplare di organo del ‘600.

Con la battaglia di San Martino e Solferino, del 24 giugno 1859, Pozzolengo vide lo scontro di tre eserciti: quello sardo e l’alleato francese, entrambi contro l’esercito austriaco dominante. Lì ebbe fine la seconda guerra d’indipendenza italiana. Alla vittoria alleata fu determinante la potente cavalleria, e l’impiego dei nuovi cannoni a canna rigata francesi, più precisi e potenti di quelli austriaci. Con la sconfitta l’Austria perse la guerra e la Lombardia. Fu un conflitto epico, la prima grande battaglia dopo quelle napoleoniche, cui parteciparono 235.000 soldati. Talmente cruenta fu, che lasciò per terra migliaia di soldati in scene raccapriccianti. Le donne di Solferino, prese a pietà, si prodigarono a prendersi cura di tutti quegli uomini feriti di origini così diverse, senza alcuna distinzione di nazionalità. Dal comportamento di quelle donne scoccò la scintilla che diede origine al movimento di creazione, in ogni Paese, di una Società di Soccorso ai feriti, ausiliaria della Sanità militare. Con la Conferenza di Ginevra dell’anno successivo, dodici Paesi ispirati da Henry Dunant firmarono la Convenzione che in pratica istituiva la Croce Rossa. Palazzo Triulzi Longhi, nella vicina Castiglione delle Stiviere, ne ospita dal 1959 il Museo Internazionale.

Oggi tenzoni ce ne sono ancora, ma di tutt’altra natura: in quel bel Campo da Golf, ad Abbazia San Vigilio di Pozzolengo, sulle verdi e dolci colline che si allungano tra Desenzano e Sirmione, si affrontano “soldati” di più numerose nazioni, ma non per battaglie cruente, ché armi, sono gli attrezzi da Golf. A disputar partite, con l’utile scambio di culture.

Disegno dell’architetto tedesco Kurt Rossknecht, il campo conta 27 buche da campionato suddivise nei tre percorsi Rosso, Bianco e Giallo, e un campo pratica di 9 buche. Ogni percorso ufficiale è coniugato rispettivamente con il nome Benaco, San Martino, Solferino, evocanti appunto i trascorsi scenari di guerra.

Qui ci sono state le nostre due battaglie, una quattro palle e una greensome, atte a decidere i vincitori del Campionato di Doppio. La prima giornata ha visto diciotto coppie cimentarsi in una quattro palle. Qualche difficoltà l’abbiamo incontrata a causa della pioggia, maggiormente sofferta da chi come me, era tra le ultime partenze.

Una doccia calda, e una visita a quella scintillante SPA, ci hanno subito rimesso in forma, e fatto ricordar solo le cose belle vissute in quelle cinque ore di gioco, che nonostante la pioggia si esprimevano in sano agonismo.

La giornata si è chiusa con una splendida cena al ristorante della club house, dove lo chef ha deliziato i partecipanti con piatti raffinati. Io ho indugiato con il cibo, un po’ troppo per giocar bene all’indomani nella greensome, ma tant’è, non si poteva rinunciare. Durante la notte è piovuto forte, tanto da allagare i bunker, ma la greensome non è stata disturbata, abbiamo giocato senza problemi.

Si è imposta come migliore la coppia che ha giocato entrambe le giornate sotto il par, e ha conquistato il titolo nella sua edizione. Spettacolo alla buca sei del Benaco: un nearest to the pin d’eccezione, 10 cm dalla bandiera. A conclusione del nostro soggiorno, ho avuto l’opportunità di intervistare il deus ex machina di questo paradiso, Pietro Apicella:

-presidente, oltre 50.000 green fee l’anno, qual è il segreto

-il segreto è stare sul prezzo, dare un grande servizio per incontrare i desideri del golfista che è il cliente, e ha bisogno di servizi, che noi gli diamo nel massimo dell’accoglienza: ospitalità 24 ore su 24, far fronte a tutte le sue esigenze.

Poi, un grande Campo tenuto sempre perfetto, ristorazione al meglio, un albergo a disposizione ventiquattro su ventiquattro, e tutte le attività sportive. Questo il segreto!

-avete altri progetti da portare avanti?

-noi non ci fermiamo mai. Chi si ferma in questa tipologia di lavoro è perduto. Le strutture vanno continuamente adattate, rese adeguate alle varie richieste. Restare al passo con i tempi, aggiornarsi continuamente, perché il cliente cambia, e cambiano le esigenze. Tanto sentimento, tanta voglia di lavorare. Io lo faccio con passione, per me il lavoro non è un sacrificio: lavorando, lavorando, lavorando, i risultati arrivano.

-e sul Campo? Con i ferri come te la cavi?

-quelli sono un po’ arrugginiti. Un grande golfista ha poco tempo per lavorare, io invece ho poco tempo per giocare.

Grazie Pietro, ad meliora.

Al Golf Chervo’ è consueto l’incontro dei Giornalisti Golfisti.

Un appuntamento annuale, nella simpatica ospitalità del Club, che vede una gara di doppio, finalizzata alla beneficenza. È quest’ultima molto sentita dai soci: ogni gara che facciamo, in qualsiasi Campo, tutti i partecipanti versano una somma che alla conclusione del challenge ci fa trovare una discreta somma da distribuire con oculata assistenza.

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