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L'Istituto Maffioli, incrocio di civiltà, anche a tavola

di Giancarlo Saran

Le recenti cronache, le quali ci hanno descritto la fuga verso rotte della speranza di numerosi esuli afghani hanno trovato un riscontro anche a Castelfranco Veneto, sede dell’Istituto Alberghiero “Giuseppe Maffioli”, la prima scuola della provincia di Treviso storicamente dedicata ai servizi alberghiero e della ristorazione. È accaduto infatti che, grazie ad una raccolta di fondi da parte di alcuni membri del Rotary Club, sia stata destinata una borsa di studio a Zahra Ahmadi, una giovane ristoratrice trentaduenne che, a Kabul, era titolare di un rinomato ristorante. La sua storia ha avuto notevole risalto nei mesi scorsi. Zahra, in patria non era una qualunque. Dava lavoro solo a donne, sia in cucina che in sala, per aiutarle a rendersi autonome e indipendenti, con la soddisfazione di un lavoro cui era riconosciuta qualità e professionalità. Giunta in Italia, Zahra si è ricongiunta ai suoi familiari uno dei quali, Hamed, ha avviato, partendo da Venezia, un interessante progetto di contaminazione golosa, Orient Experience, un’ideale via della gola che, dall’Afghanistan, con ricette diverse, giunge sino alle placide acque della laguna. Se per Hamed si è trattato di un percorso con una sua storia, per Zahra la ricollocazione, anche professionale, era una necessità che imponeva scelte diverse. Come sede ideale di gemellaggio tra culture è stato quindi scelto il Maffioli, una lunga tradizione alle spalle, con la visione di chi sa guardare al futuro con i valori di sempre. Negli anni Sessanta l’On. Domenico Sartor, deputato sin dalla costituente, aveva investito molto per il rilancio della sua comunità puntando ad una formazione scolastica e professionale che partisse dal basso, per dare sostegno ad una economia agricola che permettesse alle famiglie del tempo di sfuggire ai richiami dell’emigrazione verso paesi lontani. Fondò così l’Istituto Professionale di Stato per l’Agricoltura (IPSA). Grazie a quello che forse è stato il suo miglior erede, il professor Bruno Brunello (padre del celebre violoncellista Mario), divenuto preside dal 1966 al 1976, l’IPSA sviluppò diverse attività, tra cui quella legata ai servizi di sala e bar. Per gemmazione fu conseguente che venisse fondato, nel 1979, l’Istituto professionale alberghiero e della ristorazione. Il primo della provincia, cui seguirono altre sedi staccate. A Possagno, oggi Villa Fietta in località Pieve del Grappa, a Vittorio Veneto, poi divenuto Alfredo Beltrame (l’inventore de “Il Toulà”) e quello di Treviso, ora intitolato a Massimo Alberini (giornalista, tra i fondatori dell’Accademia Italiana della Cucina). In breve, grazie anche alla straordinaria capacità di Brunello di fare rete con altre realtà provinciali e nazionali, l’Istituto di Castelfranco Veneto divenne punto di riferimento solido e affidabile per una vasta area, grazie anche alla felice collocazione della città del Giorgione al centro del Veneto, crocevia tra pianura e pedemontana in un territorio che comprende tre province, ovvero anche Vicenza e Padova, oltre a Treviso. Dopo una delibera del consiglio dei docenti nel 1986, tre anni dopo l’Istituto viene dedicato a Giuseppe Maffioli, geniale interprete della cultura materiale e non solo. Un padovano vissuto a Treviso e cittadino del Veneto. Ora il Maffioli conta circa trecento dipendenti tra personale docente, amministrativo e di supporto e oltre milleduecento allievi distribuiti nelle due sedi di Castelfranco, con la settecentesca Villa Dolfin casa madre e il nuovo plesso San Giacomo – ex Padiglione L dell’Ospedale castellano, oltre a Villa Fietta in località Pieve ed una nuova sede a Montebelluna, frutto di un’efficace collaborazione, per la logistica, con la chiesa locale.

Dal 1° settembre del 2020 il Maffioli è diretto dal professor Nicola Zavattiero, una bella storia di self made man, dai tratti originali. Nativo di Teolo, sui colli Euganei, affiancava gli studi ai lavori più umili, ma assolutamente formativi. Diplomatosi all’Istituto Magistrale frequentò per dieci anni il prestigioso Conservatorio di Musica “Cesare Pollini” di Padova, diplomandosi in organo e composizione organistica. Tra jam session appassionate a St. Moritz come al Golf Club de La Montecchia e l’area termale euganea, Zavattiero si laureò in pedagogia a indirizzo letterario. Dopo un lungo percorso all’interno dell’amministrazione pubblica quale docente in ambito umanistico, approda al Provveditorato agli studi di Treviso, entro cui viene incaricato di curare i rapporti istituzionali del mondo scuola con Prefettura, Questura, Provincia e Forze dell’Ordine, in primis Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato e quant’altro, in veste di referente provinciale per la legalità e coordinatore dell’Ufficio interventi educativi, anche il riferimento alla Consulta Provinciale Studenti. Il suo impegno costante ed il susseguente concorso dirigenziale lo fanno presto notare, tanto che la Direttrice del sistema scolastico regionale veneto, Carmela Palumbo, lo convoca con una missione ben precisa. “C’è un istituto che deve cambiare marcia, stando al passo con i tempi”. Zavattiero è orgoglioso della sua creatura tanto che, nei vari incontri in cui, dopo la bella prova che sala e cucina offrono ad un pubblico dal palato soddisfatto lui esordisce con un inedito “ho il piacere di presentarvi la mia famiglia”: cuochi, sommelier, personale di sala e servizio, tutti orgogliosi di sentirsi parte di una squadra, con una missione comune, all’insegna della qualità. Nei vari documenti che ricostruiscono il percorso di questi mesi, la strategia è ben chiara. C’è una visione d’insieme, ovvero che metodologie e contenuti didattici vengano aggiornati al passo con i tempi, così da creare basi solide aperte verso l’innovazione senza dimenticare la tradizione, soprattutto in considerazione del grande patrimonio culturale di cui si è testimoni in una terra quale quella veneta. Vi è anche la missione, ovvero quella di un percorso educativo che pone al centro i giovani allievi, quali figli d’adozione, a cui vanno trasmesse tecniche e conoscenza senza trascurare importanti valori umani ed etici, quelli che fanno la differenza. “Aiutarli a fare scelte consapevoli, ma anche ad essere flessibili. Favorire la creatività che, però, non deve mai sconfinare nella improvvisazione”. Percorrere le sale e i laboratori del Maffioli guidati dal professor Zavattiero, magari osservandoli anche con gli occhi stupiti ed entusiasti della prossima borsista, Zahra from Kabul, è un sano ritrovare un ideale centro di gravità permanente da cui si è sviluppata la nostra tradizione culinaria, aperta anche su nuove frontiere. I laboratori sono continuamente rimodernati con un mix di tecnologie diverse, senza buttare al macero quanto era indispensabile fino al giorno prima, anche perché nessuno dei ragazzi, tranne poche eccezioni, sa cosa troverà nei locali dove andrà a lavorare terminati gli studi. Questo vale ad esempio per i forni su cui esercitarsi, quelli tradizionali a gas, come quelli che usano le nuove tecnologie così come per i sistemi di refrigerazione, dalla classica cella frigorifera al moderno abbattitore. Anche il ricettario varia, come variano i costumi. Sempre valido esercitarsi con le sarde in saor o il risotto al radicchio, ma oramai il venti per cento degli allievi proviene da altre realtà, ulteriormente diverse tra loro, dall’est europeo, dal Medio Oriente, unendo le tradizioni africane così come quelle dall’America Latina.

Qualunque sia il melting pot che ci preparerà il futuro il “menù del Maffioli”, ci ricorda Zavattiero, ha regole precise: la buona educazione verso il prossimo, rispettando il galateo, oltre a sviluppare una perfetta padronanza della lingua italiana. Svariate le collaborazioni con alberghi e ristoranti a tutto stivale, con oltre duecento alternanze scuola lavoro (della durata di cinque settimane) e caleidoscopiche collaborazioni con associazioni di categoria (cuochi, sommelier) ed economiche (commercio, industria, agricoltura).

Una esperienza quindi che permetterà anche alla giovane Zahra di ritrovare, grazie alla professionalità e tradizione dell’Istituto Alberghiero Maffioli, il miglior modo di inserirsi nella nuova patria su cui investire il suo futuro e realizzare i propri sogni in uno dei contesti migliori per favorire tutto questo, ovvero il piacere della buona tavola.

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BEPO MAFFIOLI

Giuseppe Maffioli è stato uno dei volti iconici del secondo novecento, e non solo a dimensione serenissima, ovvero quel triveneto che lui amava raccontare e descrivere in vari modi. Di professione maestro elementare in realtà seppe dimostrarsi di eclettico talento a vari livelli. Amava l’enogastronomia, tanto da fondare, nel 1974, la rivista Vin Veneto, divenuta poi Taste Vin sotto la direzione del suo allievo, Annibale Toffolo. Ha scritto dodici volumi a tema gastronomico con una chiave di lettura che andava oltre la semplice ricetta, indagandone i retroscena di cultura materiale e tradizioni del territorio. Prolifico autore teatrale, due sue opere, Il Prete Rosso, dedicato alla figura di Antonio Vivaldi, e un radiodramma biografico di Papa Pio X, il conterraneo Giuseppe Sarto. E’ entrato nell’immaginario collettivo a fianco di Ugo Tognazzi ne Il Commissario Pepe, ambientato a Bassano del Grappa. Ha poi affiancato Marco Ferreri nella stesura del copione culinario de La Grande Abbuffata nel quale, coerentemente, venne chiamato a interpretare la figura del cuoco. Il fondo Mazzotti custodito ora dall’Istituto a lui dedicato conserva molte delle sue testimonianze. scritti, volumi, foto, con molti inediti, il tutto sotto la curatela del professor Michele Bordin in attesa di metterlo a disposizione di studiosi e ricercatori di settore.

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