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Il Valpolicella Ripasso: vino icona del presente

di Silvia Allegri

Rosso rubino intenso, morbido e avvolgente al naso, deciso e persistente in bocca.

Si presenta con un biglietto da visita inconfondibile il Ripasso, vino rosso Doc prodotto esclusivamente nella provincia di Verona, che si è ritagliato negli anni uno spazio talmente importante sul mercato italiano e internazionale da essere considerato icona stessa della Valpolicella, quasi più del suo ‘fratello maggiore’, Sua Altezza l’Amarone.

A renderlo speciale sono i vitigni, certo, uniti alla qualità del lavoro nei campi. Ma il Ripasso continua a cantare fuori dal coro: è il particolare procedimento di preparazione a renderlo speciale, onorando così le cure dell’uva sulla pianta ma affidando un ruolo di assoluto protagonista anche a chi, in cantina, contribuisce alla sua creazione.

Attingendo alla saggezza contadina e alle tradizioni, a cui si uniscono oggi cernite severe delle uve e tecniche sofisticate, per dare vita a bottiglie capaci di collocarsi in un perfetto equilibrio tra il Valpolicella e l’Amarone, in un’evoluzione che rende onore a un intero territorio.

Quando erano i contadini e i mezzadri a fare ‘scuola’

 

Ripasso, da ‘ripassare’. È limpido il significato del nome di questo vino, che deriva dalla tecnica con cui viene realizzato. E per capire fino in fondo questo termine occorre fare un bel salto indietro nel passato. Era l’epoca in cui la quantità contava più della qualità, e termini come ‘diradamento’ erano messi al muro: a nessuno sarebbe mai venuto in mente di procedere a sfoltire grappoli numerosi e pesanti, che venivano perciò trasformati in grande quantità in vini leggeri, con una bassa gradazione alcolica, perfetti per un consumo immediato. Questo vino base, ovviamente, non riusciva a essere longevo, e se si avanzavano delle botti diventava necessario provare ad allungare la loro vita. Come fare, allora? Come spesso avviene in campagna, si impara a valorizzare le materie prime: i contadini che producevano il ben più raffinato Recioto, vino dolce destinato ai padroni, avevano a disposizione le sue vinacce, e così nacque l’idea di farle rifermentare aggiungendo quel vino base, dando una seconda vita agli scarti del Recioto, ossia le bucce ancora piene di zucchero, e regalando nuovo vigore, colore e profumi al vino ‘ripassato’. Avviene proprio questo per ottenere, oggi, il Ripasso: tra settembre e ottobre l’uva vendemmiata viene lavorata per produrre il Valpolicella, che viene poi trasferito in vasche di acciaio e lasciato riposare. Tra febbraio e marzo, al termine della fermentazione del Recioto o dell’Amarone, il Valpolicella messo a contatto con le vinacce e parte una seconda fermentazione, dovuta alla presenza di lieviti e zuccheri, che dura circa 10-15 giorni. Segue poi una maturazione di almeno sei mesi, spesso in botti di rovere o anche acciaio. Il Ripasso va in commercio a partire dal secondo anno successivo alla vendemmia, e se affina almeno un anno prima dell’imbottigliamento ottiene la dicitura Superiore.

Una tecnica, quella del ‘ripasso’, che ricorda un’altra pratica altrettanto antica e diffusa tra i contadini della bella Toscana, il “Governo all’uso toscano”: l’aggiunta di mosto ottenuto dall’appassimento di uve al vino giunto al termine della fermentazione, per avviarne una seconda che procede poi fino alla primavera. Già noto alla fine del Settecento, il metodo del Governo fu poi codificato e ufficializzato dal barone Bettino Ricasoli, uno dei padri del Chianti moderno, ma è stato poi accantonato, anche se alcuni produttori hanno rispolverato questa tecnica con ottimi risultati.

Ma torniamo sul suolo veronese e sul Ripasso. Bisogna essere grati alla saggezza contadina, insomma, tutta basata sul principio per cui il peggior nemico è lo spreco, se oggi questa tecnica è sbarcata nelle cantine della provincia, evolvendosi poi nelle più diverse declinazioni in base alle differenti filosofie aziendali, e concorrendo a mettere sul mercato un vino che continua a essere tra i più amati d’Italia. In molte cantine, oggi, le vinacce utilizzate per consentire il ‘ripasso’ sono esclusivamente quelle dell’Amarone, a fronte del calo di produzione del Recioto e della volontà di regalare ulteriore corpo alla futura bottiglia. Motivo per cui dopo la svinatura le vinacce destinate alla produzione del Ripasso non vengono più pressate, trattenendo quindi una buona dose di Amarone che andrà a costituire parte del nuovo vino. E questo permette di guadagnarci in longevità, persistenza, densità.

 

Il disciplinare

 

La tecnica del “Ripasso” e il “Valpolicella ripasso” sono stati riconosciuti con la certificazione della Denominazione di Origine Controllata – Doc nel 2010.Come si legge sulla Gazzetta Ufficiale del 13 aprile 2010, la denominazione è designabile anche con i riferimenti “classico” e Valpantena” e con la specificazione “superiore”. Per appartenere alla denominazione i vini devono essere quelli atti a divenire vini a denominazione di origine controllata ‘Valpolicella’, ottenuti quindi dalle uve prodotte dai vigneti aventi, in ambito aziendale, una composizione ampelografica che preveda Corvina Veronese (Cruina o Corvina) dal 45% al 95 %, anche se è ammesso in tale ambito la presenza del Corvinone nella misura massima del 50%, in sostituzione di una pari percentuale di Corvina; Rondinella dal 5 % al 30 % ; uve provenienti da altri vitigni a bacca rossa non aromatici, ammessi alla coltivazione per la provincia di Verona, nella misura massima del 15%, con un limite massimo del 10% per ogni singolo vitigno utilizzato; e classificati autoctoni italiani ai sensi della legge n. 82/06, art. 2, a bacca rossa, ammessi alla coltivazione per la Provincia di Verona, per il rimanente quantitativo del 10% totale.

La zona di produzione della denominazione di origine controllata “Valpolicella ripasso” comprende in tutto o in parte i territori dei Comuni di Marano, Fumane, Negrar, S. Ambrogio, S. Pietro in Cariano, Dolcè, Verona, S. Martino Buon Albergo, Lavagno, Mezzane, Tregnago, Illasi, Colognola ai Colli, Cazzano di Tramigna, Grezzana, Pescantina, Cerro Veronese, S. Mauro di Saline e Montecchia di Crosara. Infine, è obbligatorio riportare in etichetta e nella documentazione prevista dalla specifica normativa l’indicazione dell’annata di produzione delle uve destinate a diventare “Ripasso”.

 

Il segreto del successo

 

Di certo un Ripasso a regola d’arte conquista facilmente gli amanti del buon bere, che si troveranno nel calice un fortunato connubio di due vini di successo, dei quali sono colti i lati migliori: la caratteristica acidità del Valpolicella, che persiste ma viene fortemente ammorbidita, e l’alcolicità dell’Amarone, che si fa sentire forte e chiara in una versione più attenuata. Sta in questa fortunata via di mezzo il segreto del Ripasso, vino elegante e vigoroso dai tannini morbidi, persistente in bocca ma non al punto da nascondere o schiacciare i sapori delle pietanze, più strutturato e longevo del Valpolicella, adatto quindi all’invecchiamento. Nato come vino ‘da riciclo’, pensato quindi per non eliminare senza sfruttarle appieno le risorse dell’uva, in questo caso le vinacce avanzate dopo la produzione di Recioto e Amarone, oggi il Ripasso gode di un successo commerciale straordinario, dovuto anche al rapporto qualità/prezzo che gli permette di scavalcare agevolmente il ben più impegnativo Amarone, donando a chi lo degusta eleganza e complessità che piacciono senza diventare prepotenti. Questo consente un più ampio ventaglio di abbinamenti, e il Ripasso valorizza magistralmente primi piatti a base di legumi e pasta all’uovo, e in particolare un piatto tipico della tradizione veneta come la pasta e fagioli, fino ai formaggi di media stagionatura. E il Ripasso si presta volentieri anche come vino da meditazione o servito fresco, d’estate, a esaltare i tannini morbidi, svelandone gli aromi a poco a poco, con l’aumento graduale della temperatura, e permettendo di goderne la grande persistenza. L’epoca che vedeva considerare il Ripasso un fratello minore dell’Amarone ormai è passata, quindi. E stiamo assistendo, da anni, a un’inversione di tendenza che ha portato a un incremento esponenziale della produzione di questo vino. Che attrae, per i suoi piacevoli aromi di frutti rosa e vaniglia, anche i consumatori più giovani che si avvicinano al mondo del vino.

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