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La “busa” dei Storioni

di Ulderico Bernardi

Talvolta la storia ci vive accanto e non ce n’accorgiamo. Sguscia via lesta. Distratti da tante banalità quotidiane, perdiamo di vista l’essenza del nostro essere parte di una continuità di generazioni che si chiama, per l’appunto, storia. Accade che talvolta s’imponga di forza alla nostra attenzione con l’evidenza dei monumenti, fatti di pietra. Allora, compiacendoci delle ville patrizie sparse per la campagna abbiamo percezione di un passato illustre. Vedendo poi, di questi tempi, fabbriche e officine sorte accanto alle dimore patrizie, registriamo la diffusione della ricchezza, sopravvenuta con la grande trasformazione industriale. Ma fatichiamo a congiungere i due aspetti. Persi dietro ai mercati, alle produzioni, ai consumi, cose per molti aspetti necessarissime, trascuriamo gran parte del patrimonio accumulato dai nostri predecessori. Poveri e ricchi, ma entrambi capaci di usare al maglio le risorse di natura e di cultura che l’ambiente e i traffici mettevano a loro disposizione. E’ ben tempo di recuperare. Ora che tutti, chi più chi meno, si sono tolti l’assillo del pane quotidiano, accompagnato da abbondante companatico, bisogna volgere lo sguardo indietro e ritrovare quanto di buono sta ancora alle nostre spalle. Anche le cose minute e squisite che non hanno l’opulenza degli edifici patrizi, ma di quello scenario erano parte integrale. Pensiamo alle cucine di villa, e a ciò che bolliva, arrostiva, schiumava, sui grandi focolari. Mangiari che ora sono accessibili a tutti. Almeno in teoria. Perchè in pratica la nostra dimenticanza della natura, dei suoi ritmi scanditi dalle stagioni, dell’equilibrio tra prendere e dare, ha spesso inaridito la fonte da cui si traevano tante delizie d’altri tempi.

Ora che memoria e naturalità sembrano premere alla porta della nostra consapevolezza, è forse il caso di ripercorrere gli antichi sentieri. Restaurando coscienze e ambienti, acque e cervelli. Alle sorgenti del Sile, fresco fiume di risorgiva, lontano…

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