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San Biagio

di Claudio Favaretto

Nel numero precedente si era parlato della strana storia di sant’Antonio abate, passato da eremita in Egitto a protettore delle nostre stalle.

Come fu possibile una simile migrazione?

Con ogni probabilità il cambiamento fu veicolato dall’immagine del maialino che accompagnava la figura del santo. Si pensa, infatti, che dal maiale che i monaci allevavano si ricavasse l’unguento per alleviare, se non guarire, le piaghe dovute al cosiddetto fuoco di sant’Antonio, cioè l’herpes zoster.

Dal singolo animale la pietà popolare ampliò la protezione del santo fino a farlo diventare il protettore di tutti gli animali della stalla e del cortile. Ecco perché nelle stalle familiari di un tempo, compresa quella dei miei nonni, si trovava immancabilmente l’immagine del santo eremita, vestito con un saio scuro lungo fino ai piedi, con in mano un bastone a croce decussa, cioè troncata, munito di campanella, con ai piedi un maialino a sua volta circondato dagli animali della fattoria.

Esisteva, fino ad alcuni decenni fa dalle nostre parti, e forse persiste ancora in qualche parte d’Italia, la consuetudine di allevare un maialino che veniva nutrito dalle famiglie di un villaggio o di una contrada. Questo animale, chiamato il “porcello di sant’Antonio”, diventato adulto, veniva donato al parroco o era posto come primo premio di una lotteria di beneficenza il cui ricavato serviva a finanziare opere di bene.

E’ simpatico ricordare che le mamme di un tempo, alle prese con i propri figli adolescenti, irrequieti e sempre in movimento, li apostrofavano dicendo loro “ te si come el porsel de sant’Antonio!” [sei come il porcello di sant’Antonio]!” Oggi tale paragone, se pur fosse conosciuto dalle mamme, non sarebbe certo più compreso dai figli, che però continuano ad essere irrequieti come i loro predecessori!

Ma è il tempo di parlare di un altro santo molto popolare: san Biagio.

E’ stupefacente constatare co- me alcuni santi, di origini lontanissime, abbiano come trovato…

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