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Il golf Saturnia

di Paolo Pilla

Leggenda vuole che Saturnia, il cui nome si rifà a Saturno il dio delle messi che con una saetta fece zampillare una fonte di acqua calda, sia stata la prima città italica. Al di là della leggenda, in quella parte di affascinante misteriosa Maremma, quell’acqua calda e sulfurea sgorga ancora, e da tremila anni, alla stessa temperatura di 37,5 gradi. Inizia dal ventre del monte Amiata il percorso delle acque meteoriche. Le gocce d’acqua filtrano attraverso le fessure delle rocce calcaree fino a 60 metri di profondità, e fanno il loro percorso protette da un manto argilloso di tale spessore, che le isola totalmente da contatti esterni. L’acqua si arricchisce di sali minerali, e rivede infine la luce dopo circa quarant’anni, a Saturnia, emergendo con una straordinaria emissione di quasi 500 litri al secondo all’interno di un cratere naturale, alla stessa temperatura del liquido amniotico che protegge il nascituro nel ventre della madre.

Questo fenomeno, che ha del miracoloso, dona una salubre, particolare ricchezza al territorio. Si chiamava Aurinia il sito al tempo degli etruschi; furono i romani a cambiarne il nome in Saturnia, e lì impararono a sfruttare l’aspetto benefico delle terme. Furono proprio loro, i romani, a coniare l’acronimo SPA (Salus Per Aquam) e, oltre al valore salutare, diedero alle terme l’attraente ruolo di piacere amoroso, di luogo politico, e di ambito socializzante.

Gli etruschi consideravano Il monte Amiata territorio sacro, abitato da Tinia (Giove), la loro divinità fondamentale. È di origine vulcanica, ai confini con la Tuscia; il suo nome trae origine dal latino “ad meata”, cioè “alle sorgenti”. Dalla sua ultima eruzione son passati pressoché 200.000 anni. C’è una grotta a 1050 m, che testimonia la presenza umana già dalla preistoria. In essa c’è un graffito dell’età del bronzo, in cui viene riprodotto un arciere.

Su quel monte, a fine ‘800, ebbe origine una tra le più importanti miniere del minerale da cui si estraeva il…

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