Salta al contenuto principale
loading

Sant’Augusta di Serravalle

di Claudio Favaretto

Capita, scorrendo un elenco di santi, di imbattersi in un nome pressoché sconosciuto, al di là di una località ben precisa. Li sentiamo, questi santi, molto domestici, come se appartenessero alle nostre famiglie.

E’ questo il caso di sant’Augusta che viene sempre accompagnata dal luogo dove fu martirizzata: Serravalle di Vittorio Veneto.

Le vicende della sua vita sono leggendarie ma è ben viva la profonda venerazione di cui gode da secoli, specialmente fra i Vittoriesi.

Le notizie che la riguardano ci sono state tramandate nel 1581 da un certo Minuccio Minucci, conterraneo della santa e segretario del papa Clemente VIII. Sono quindi molto lontane dall’epoca in cui visse Augusta. E’ vero che ogni leggenda conserva in sé un nucleo di verità, in questo caso resa più concreta da alcuni dati storici.

I più antichi (1234) risalgono al Medio Evo e citano il “monte di sant’Augusta”. Ciò significa che a quell’epoca la santa era sicuramente venerata. Anche gli Statuti di Serravalle parlano di lei.

Ben poco si conosce anche del santuario che sorge sul monte Marcantone che ancor oggi viene popolarmente indicato come il monte di sant’Augusta.

Con ogni probabilità su quel luogo sorgeva una postazione militare che dominava lo stretto passaggio dell’unica via percorribile dalla montagna verso la pianura. Il nome stesso di “Serravalle” ribadisce la morfologia del luogo.

Sicuramente i Romani fortificarono quella strozzatura viaria costruendo il “castrum”, cioè un accampamento militare difeso da poderose mura. Era così importante quel luogo che fu utilizzato in seguito da tutti i vincitori delle contese, sicuramente dai Longobardi e poi dai Franchi. Ma niente ci impedisce di pensare che alla caduta dell’Impero romano, i primi popoli barbari provenienti da est, i Visigoti, si siano impadroniti di tutte le fortezze già appartenute ai Romani. Testimonianze di quel tempo sono visibili ancor oggi come la torre di segnalazione all’inizio della val Lapisina e i resti di quella che viene chiamata “turris nigra” sulla sommità del monte Marcantone. Allo stesso modo è ipotizzabile una postazione dove sorge il santuario.

Purtroppo mancano documenti di archivio che sono andati perduti nel corso dei secoli, ma certo si può ragionevolmente pensare che la costruzione sia molto antica.

Il santuario naturalmente subì numerose modifiche nel corso dei secoli. Durante dei lavori effettuati nel 1450 furono rinvenute quelle che si ritengono essere le reliquie della santa giovinetta.

Ed ora la storia leggendaria.

Con Alarico, attorno al 400 d.C., i Visigoti, popolo barbaro proveniente dai territori al di là del Danubio, entrano in Italia attraversando le Alpi orientali. Si spostarono verso ovest ma furono sconfitti dal generale romano Stilicone a Pollenzo, in provincia di Cuneo, nel 402. Ma dopo la morte di Stlicone, ucciso nel 408 per intrighi di corte, scesero fino a Roma e la saccheggiarono nel 410. Tornando alla nostra storia, un contingente di Visigoti, al comando di un certo Matrucco, si impadronì di Serravalle. Il comandante, uomo duro e crudele, si fece costruire un maniero in alto, (vedi i resti della “turris nigra”), per poter controllare tutta la valle. Si narra che nel 410 la giovane moglie sia rimasta incinta, ma la gravidanza, come spesso succedeva in antico, fu laboriosa e difficile al punto che Matrucco acconsentì che la sposa si recasse in una residenza più confortevole a Piai di Fregona presso un suo amico. Ma, malgrado le cure delle ancelle, in particolare di una di nome Cita, la poverina, mettendo alla luce la figlioletta, morì.

La piccolina fu portata nel castello paterno, accudita sempre dalla fedele Cita e crebbe armoniosa e gentile. Mentre Matrucco era orgogliosamente pagano,Cita era cristiana e poco a poco instillò nella bambina i valori del cristianesimo, come l’attenzione agli umili e ai poveri, difficili da seguire come membro della violenta classe dominante.

La bimba fu battezzata da un eremita che viveva in una grotta non lontana dal castello e crebbe con un grande spirito di generosità per cui portava giù in paese i resti del pane avanzato dalla ricca mensa paterna. Il padre si insospettì ed un giorno la incontrò mentre scendeva a valle con il grembiule pieno di tozzi di pane. Alla brusca richiesta del padre, la fanciulla rispose che portava fiori di campo come in effetti apparve per miracoloso intervento. Ancor oggi, lungo il sentiero che porta al santuario si può vedere una pietra che indicherebbe il luogo dove avvenne il miracolo. Scoperta per mezzo di una spia l’adesione al cristianesimo della figlia, Matrucco divenne violento: dapprima la rinchiuse in una prigione, poi le estirpò due denti, poi la condannò al supplizio della ruota dentata che si ruppe senza nuocere alla fanciulla, in seguito, in un crescendo di violenta follia, la costrinse a subire il rogo da cui uscì illesa ed infine, cieco dall’ira, la fece decapitare.

Questa tragica e pietosa storia colpì il popolo cristiano di allora e continua a commuovere quello di oggi, per cui la devozione, come si diceva, è sempre rimasta profonda. Il culto di sant’Augusta, riconosciuto con decreto papale nel 1754, trova il culmine il 22 agosto quando la città intera la festeggia.

Numerose sono le opere d’arte che ritraggono la giovinetta martire nelle chiese di Serravalle.

In particolare sono ammirevoli le portelle dell’antico organo all’interno della chiesa di santa Maria Nova, dipinte da Francesco da Milano in cui conversano tra loro i santi Andrea, Pietro, Agata, Augusta e Cita, la fedele nutrice. Altre rappresentazioni della santa si trovano nel santuario a lei dedicato.

Noi presentiamo la scultura moderna posta all’inizio della scalinata, nei pressi del duomo di Serravalle, che costituisce il solenne inizio del percorso che conduce al santuario.

q

Vuoi ricevere la rivista Taste Vin?

Scrivici