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Zucchino e Zucchina

di Enzo Gambin

Nel vasto panorama culinario, pochi protagonisti sono tanto ricchi di curiosità e controversie quanto lo sono gli zucchini o, come li chiamiamo in Italia, le zucchine.

Il loro percorso attraverso la storia è segnato da un intricato labirinto di denominazioni e radici storiche, che ci portano indietro nel tempo fino alle antiche civiltà che hanno plasmato il nostro concetto di gastronomia e di utilizzo di questo ortaggio.

La variazione tra “zucchino” e “zucchina” rappresenta un interessante esempio delle sottili sfumature linguistiche, che possono generare confusione.

Dietro questi due termini, apparentemente simili, si intreccia una concatenazione di linguaggi. “Zucchino” è il termine maggiormente utilizzato nel Nord Italia, mentre “Zucchina” è più comune nel Centro e nel Sud del Paese.

Questa differenza regionale può essere attribuita a variazioni dialettali e culturali, tuttavia, nonostante le diverse forme linguistiche, entrambi i termini indicano lo stesso ortaggio.

Il termine Zucchino lo troviamo per la prima volta nel Vocabolario della lingua Italiana del 1875, di Giuseppe Rigutini e Pietro Fanfani, ed è definito come sostantivo maschile diminutivo di Zucca, a cui si aggiungeva “lo stesso che Zucchettino: «Zucchini ripieni»”, poi specificati “ … che si suol mangiare cucinata in più modi : « Zucchettini lessi, conditi a insalata.>> a specificare che, già all’epoca, gli “zucchini “ erano un piatto della cucina italiana.

Nella successiva edizione del 1879, comparve anche il termine “Zucchina”. Tuttavia, questo sostantivo era già presente nel “Dizionario della Lingua Italiana” del 1839, edito a Livorno dai “Fratelli Vignozzi e Nipote”, dove si riportava “Zucchina” come “nome volgare di alcune specie di Susine”. In realtà, da secoli era diffusa nel territorio emiliano, soprattutto nelle province di Parma, Piacenza e Reggio Emilia, una varietà di prugne chiamate “Zucchella” o “Mischina”. Le prime notizie documentate sulla loro presenza risalgono al 1700 e l’accostamento all’attuale zucchina deriverebbe da una coincidenza linguistica.

Ora sorge anche un altro problema linguistico, in italiano molti nomi femminili finiscono con “a” al singolare e diventano “e” al plurale, questo è un retaggio del latino, dove la prima declinazione, che includeva principalmente nomi femminili, aveva questa caratteristica, ad esempio, “zucchina” è un nome femminile al singolare.

Quando si tratta del plurale, non è corretto cambiare il genere del nome, quindi, se diciamo “zucchini” non è una forma corretta, mentre “zucchine” lo è, tuttavia, ci sono alcune eccezioni a questa regola.

In alcuni dialetti e nel contesto della produzione orticola, si usa la parola “zucchino” per riferirsi alla pianta delle zucchine, quindi, diremo “zucchini” quando ci riferiamo alle piante coltivate e “zucchine” quando parliamo del frutto ottenuto da queste piante.

Il termine “zucchino” ha le sue origini nella parola “zucca”, ma sulle radici storiche della zucca c’è ancora dibattito.

Alcuni studiosi tendono a considerarla di origine asiatica, altri, americana e, in effetti, le evidenze storiche e botaniche possono essere interpretate in modi diversi.

Si potrebbero pure citare antichi autori, come Ateneo, un sofista greco del II - III secolo d.C., che menzionava il culto della “Dea delle zucche”, “Κολοκάσια-Ἀθηνᾶι”, “Kolokasìa Athenai”, presente a Sicione, “Σικυών, Sikyṑn”, nel Peloponneso, considerata la personificazione della Grande Madre, custode del ciclo della vita e della morte.

Già Sesto Aurelio Properzio, 50-15 a.C., poeta romano, descriveva le zucche nelle sue “Elegie”.

Ugualmente Lucio Columella, 4 - 70 d.C., scrittore romano di agricoltura, ne parlava come un contenitore di semi, indicando il suo ventre gonfio come simbolo di fertilità e capacità generativa.

Marco Valerio Marziale, 38 - 104 d.C., poeta latino, ne fece addirittura una composizione divertente:

“…. Cecilio è l’Atreo

delle zucche

così bene le taglia in mille pezzi,

come se fossero i figli di Tieste.

Subito le avrai nell’antipasto

e ne avrai ancora

alla prima portata e alla seconda

e alla terza ancora zucche avrai

e infine ancora zucche

per dessert.”.

Con acutezza e ironia, Marziale fa un gioco di parole sull’aspetto fonetico del nome “Cecilio”, che suona simile al termine latino “cucullio” correlato a “cucurbita”, “zucca”. Utilizzando questa analogia intenzionale, Marziale fa una battuta ironica su Cecilio, suggerendo che il suo nome potrebbe essere associato alle zucche e alla sua persone, nella sostanza lo ha definito un “zuccone”.

C’è anche da dire che questi gli autori classici danno sovente versioni dubbie e potrebbero riferirsi anche a meloni, cocomeri o cetrioli, piuttosto che alle zucche.

D’altro canto, l’etimologia latina di “Cŭcurbĭta”, che indica la zucca, è affine al termine “Cŭrvŭs”, che significa curvo o ripiegato, di conseguenza, era un termine usato per descrivere piante con una crescita curva o avvinghiata a quelle vicine.

Questa definizione raggruppava sotto lo stesso termine tutte le specie della famiglia delle Cucurbitacee, generando così una certa confusione tra le diverse specie botaniche, il cui nome comune non sempre risultava preciso.

A fronte di tutto questo, i botanici americani si sono affidati a prove fitologia, concentrandosi su diversi aspetti della pianta, tra cui la morfologia, il ciclo di vita, e sostengono che le zucche hanno origini americane, in particolare la Cucurbita maxima del Brasile e la Cucurbita pepo del Messico, e siano giunte a in Europa subito dopo la scoperta delle Americhe.

La zucca dovrebbe così affondare le sue radici in terra americana, nella fascia meridionale dello stato del Messico, ossia negli stati Puebla e Oaxasaca, in tali siti sono state ritrovate tracce archeologiche che testimoniano come le prime attività di coltivazione della zucca presero forma dopo il V millennio a.C., congiunte a quelle di mais e fagioli.

Che la zucchina sia presente nel Rinascimento è documentato da nature morte di pittori fiamminghe e italiani, tra cui spicca Vincenzo Campi, 1536-1591, pittore del Rinascimento tardivo, noto soprattutto per le sue nature morte e per le sue opere di genere quotidiano.

È allora plausibile che, come accaduto per molti altri alimenti originari delle Americhe, anche gli zucchini abbiano avuto un equivalente o una varietà simile in Europa prima del loro arrivo dal Nuovo Mondo.

Le cucurbitacee sono un famiglia di piante che includono zucchine, zucche e cetrioli, sono state coltivate in Europa da secoli, quindi è probabile che esistessero varietà locali o simili agli zucchini ancora prima della scoperta delle Americhe.

La zucca, nota in latino come “Cŭcurbĭta”, è un termine che deriva dal greco antico “κύκυον”, kùkuon, o “κυκύιζα”, kukùiza.

Gli europei conoscevano e utilizzavano la zucca già in epoca pre-romana, in particolare la varietà “Lagenaria”, il cui nome è una latinizzazione del greco “λάγυνος”, “lágynos”, che significa “vaso stretto di collo, largo di ventre”, poiché veniva utilizzata come contenitore per liquidi. In ambito popolare, la “Lagenaria” era conosciuta anche come “Cocozza” o “Cucùzza”, termini dialettali derivati dal tardo latino “Cŭcŭtia”, successivamente trasformatosi in “Cucutina” e, infine, in “Zucchina”.

A ogni modo da quale parte provengano, le zucchine hanno raggiunto un’importanza culinaria senza pari nella gastronomia italiana, declinandosi in una vasta gamma di varianti regionali.

Con un semplice spicchio d’aglio, un tocco di menta, un filo di olio extra vergine, un po’ di carne macinata o una spruzzata di mollica di pane, le nostre cucine, ricche di tradizione ma anche di creatività, hanno trasformato la zucchina in un vero e proprio capolavoro culinario, unendo armonia e inventiva.

La parola italiana “zucchine” è diventata parte integrante del “vocabolario globish” e delle ricette della gastronomia internazionale, sposandosi armoniosamente con una vasta gamma di ingredienti, sia dolci sia salati.

L’inarrestabile successo dello zucchino deriva anche dalla sua fama di alimento leggero e salutare, diventando sinonimo di una dieta sana, rinfrescante e ipocalorica. In altre parole, rappresenta un modo di mangiare corretto e pulito, permeato di buone intenzioni. Una delle testimonianze letterarie più belle, a tema di gastronomia delle zucchine, la da il detective Philipe Marlowe, protagonista di una serie di romanzi polizieschi dello scrittore statunitense Raymond Chandler, 1888-1959. che vedendole un sole nella dispensa, decise di valorizzarle con una ricetta: penne alla Chandler: Le zucchine mi guardavano dal tavolo, tristi come una bionda lasciata da sola ad invecchiare. Capii che dovevo farne qualcosa. Le presi, le tagliai a listarelle con un vecchio coltello che aveva visto giorni migliori. Trovai una pentola e ci misi dell’olio e una cipolla. Sfrigolò, come se volesse dirmi qualcosa. Ma non avevo tempo per le sue chiacchiere. Aggiunsi alle zucchine del vino bianco e una spolverata di peperoncino. Cadde nell’olio senza un lamento.

Guardai la scansia: due pacchi di pasta erano lì, malinconici. Forza, Marlowe, prendine uno, mi dissi: per quanto vecchie, faranno sempre meno male di un colpo di revolver. Scelsi le penne, forse perché hanno un nome adatto a fare letteratura. Aspettai i dieci minuti di prammatica fumando una sigaretta. Poi grattugiai della scamorza stagionata.

Con un movimento rapido, gettai la pasta nella padella delle zucchine, e subito aggiunsi la scamorza. Girai in fretta, perché non avessero tempo di capire cosa stesse succedendo loro.

Non lo capirono.

Sono stupide, le zucchine.

Le scodellai nel piatto fumanti, riempii un bicchiere di whiskey ghiacciato e, appoggiato allo stipite della finestra, guardai fuori, respirando l’odore acre della notte.”

Le zucchine, con la loro versatilità culinaria, hanno esteso il loro utilizzo anche al settore della cosmetica naturale, diventando ingredienti principali per la creazione di maschere di bellezza fai-da-te applicate sulla pelle del viso.

Questa pratica è stata adottata da molte e molti appassionati di bellezza, che cercano soluzioni naturali ed economiche per la propria routine di skincare. Si dice che le zucchine, ricche di proprietà idratanti e nutrienti, possano contribuire a mantenere la pelle idratata, luminosa e priva di impurità.

Grazie alla presenza di vitamine, minerali e antiossidanti, le maschere di zucchine promettono di nutrire la pelle in profondità, contrastare i radicali liberi e favorire il rinnovamento cellulare. Inoltre, la consistenza morbida e ricca di acqua delle zucchine le rende ideali per lenire la pelle sensibile e irritata, mentre le loro proprietà astringenti possono contribuire a ridurre l’aspetto dei pori dilatati e a regolare la produzione di sebo.

Con l’aumentare della consapevolezza verso l’uso di ingredienti naturali e sostenibili, le maschere di zucchine stanno guadagnando sempre più popolarità nel mondo della bellezza, offrendo un’opzione efficace e rispettosa dell’ambiente per prendersi cura della propria pelle.

La zucchina ha ottenuto una posizione inaspettata e ironica nella cultura popolare, diventando fonte di sorrisi e allegria.

Un esempio emblematico di ciò è rappresentato dalla canzone “Mi piace la zucchina”, un tormentone del 2012 interpretato da Francesco Nozzolino, classe 1990, figura nota nel panorama degli influencer e dei personaggi televisivi. Questo brano ha contribuito a diffondere ulteriormente la popolarità della zucchina, trasformandola da semplice ortaggio a simbolo di leggerezza e divertimento.

La sua presenza nella canzone rappresenta un esempio di come la cultura pop riesca a trovare spunti di comicità anche nei più piccoli e insospettabili dettagli della vita quotidiana.

“La mia vita da zucchina” di Gilles Paris, classe 1959, è, invece, un romanzo ambientato a Trieste, racconta la storia di un bambino Icare, soprannominato Zucchino. La scelta del soprannome “Zucchino” per il protagonista suggerisce una simbologia interessante legata alla crescita e alla rinascita, poiché gli zucchini sono associati alla primavera e alla crescita.

Il romanzo ha avuto un adattamento cinematografico animato intitolato “La mia vita da zucchino”, diretto da Claude Barras nel 2016, che ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali.

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