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Il futuro del Bardolino? Uno e trino

di V. V.

Al centro, da sempre, dell’interesse e dell’attenzione di alcuni eminenti rappresentanti della stampa enologica enologico nazionale e internazionale.

Richard Baudains della rivista internazionale ‘Decanter’; Andreas März con Merum; Burton Anderson per Vinum; Luigi Veronelli nella sua multiforme attività di giornalista enoico; Zeffiro Bocci che versò fiumi d’inchiostro sui autorevoli testate e, in particolare, su ‘Corriere Vinicolo’; Franca Cipriani che sul Bardolino ha realizzato una gustosissima e pregevole monografia; Paolo Monelli, antesignano fra gli scrittori che hanno rivolto la propria competente attenzione a questo vino; i giornalisti del Gambero Rosso e de L’Espresso, gli esperti di Slow Wine, e tanti altri hanno dedicato al Bardolino, magnificandone la duttilità, la freschezza e l’intensità del bouquet (tanto del Bardolino Doc o Docg, quanto del Chiaretto Doc e del Novello Doc), fiumi di parole e con autorevoli riflessioni e proposte.

Contributi che hanno fatto di questo vino uno dei perni, ancorché la storia della viticoltura e dell’enologia scaligere glielo avessero già riconosciuto, della produzione vinicola scaligera, soprattutto per le sue caratteristiche che ne hanno sempre fatto uno dei pilastri di quella politica di territorialità – o di esaltazione e valorizzazione del terroir - su cui, da tempo, si era polarizzato l’interesse dell’imprenditoria vitienologica veronese. In quest’ottica, nel triennio (2002-2005) l’intero territorio del Bardolino fu al centro di un ampio progetto di zonazione viticola: iniziativa che portò all’individuazione di oltre sessanta diverse tipologie di suoli nell’area di produzione. Un dato che ha comportato tutta una serie di riflessioni su come innovare il ‘sistema’ Bardolino, rispettandone la sua storicità. Ovvero quelle connotazioni, territoriali e imprenditoriali sedimentate nel tempo che abbracciano un ampio territorio oltre che le peculiarità ampelografiche che sono alla base della progressiva produzione di questo vino. Per la produzione del Bardolino DOC e del Bardolino Superiore DOCG utilizza, principalmente, uve provenienti da vitigni di Corvina Veronese (detta localmente anche Cruina o Corvina), nella misura del 35-65%. A complemento, sono anche uve Rondinella (10-40%) e per un massimo del 20% uve Molinara, Rossignola, Barbera, Sangiovese, Marzemino, Merlot, Cabernet Sauvignon, da sole o congiuntamente, con un limite massimo del 10% per ciascun singolo vitigno. Da sottolineare, peraltro, che i vitigni Corvina, Rondinella e Molinara sono autoctoni e tipici dell’area del Bardolino. Secondo dati del 2008, la produzione di vino Bardolino si sviluppa sua una superficie di circa 2700 ettari e coinvolge all’incirca oltre novecento e più 120 cantine locali.

Per il Bardolino DOC la produzione massima di uve per ettaro non deve superare i 130 quintali, con una resa massima di uve in vino pari al 70%, mentre per il Bardolino Superiore DOCG è, invece, inferiore a 90 quintali per ettaro che, trasformate, non devono avere rese superiori al 70% e, per essere commercializzato, deve essere sottoposto ad un periodo di affinamento obbligatorio di almeno un anno, calcolato a partire dal 1° novembre dell’annata di produzione.

Il Bardolino Chiaretto DOC, poi, – circa 230-240.000 ettolitri/anno di produzione - é ottenuto dalla vinificazione “in rosa” delle bucce, nelle quali il mosto rimane parzialmente a contatto colorandosi solo in modo tenue.

Scelte tecniche che hanno contribuito fortemente alla diffusione di questo vino che per il 70% circa é esportato (Germania, Francia, Inghilterra, Canada, Belgio, Danimarca, Stati Uniti e Giappone., in prevalenza) mentre il restante 30% commercializzato, principalmente, nelle zone dell’Italia settentrionale, soprattutto quelle limitrofe al lago di Garda.

Un pedigree di tutto rispetto che oggi trova nuova linfa nella decisione (2018), da parte dell’Assemblea dei soci del Consorzio di valorizzarlo esaltandone, con la creazione di 3 sottozone all’interno del disciplinare di produzione, le peculiarità che il vino Bardolino acquisisce da ciascuno degli ambienti pedoclimatici in cui si sviluppa la produzione.

Potrebbe essere il completamento del progetto “Bardolino Village”, voluto dal Concorsio nel 2015, proiettato a definire e valorizzare le caratteristiche zonali dei vini, sulla scorta degli areali descritte, a fine ottocento, da Giovanni Battista Perez e, di fatto, confermate dalla zonazione.

Nell’immediato, dunque, il vino, pur nella sua unitaria identità, si proporrà sui mercati, interno e internazionali, con tre denominazioni e loghi: Bardolino La Rocca, Bardolino Montebaldo, Bardolino Sommacampagna.

La sottozona “La Rocca” comprende i territori comunali di Bardolino, Castelnuovo del Garda, Garda, Lazise, Peschiera del Garda e Torri del Benac, ovvero quella prozione della riviera gardesana e il suo primo entroterra, sulle colline moreniche più fini, vicine al lago, e su quelle medio-recenti, interne. È caratterizzata, a nord, dalla presenza del colle della Rocca e del monte Luppia. Molto simile, pertanto, alla classificazione descritta dal Perez nel 1900 denominò “Plaga Gardense”.

La “Montebaldo”, invece, si articola nei comprensori comunali di Bussolengo, Pastrengo, Sommacampagna, Sona e Valeg-gio sul Mincio ricomprese già nella zona di produzione del Bardolino. È la parte di territorio del Bardolino più interna, verso nord, ai piedi del Monte Baldo, caratterizzata da altitudini medie più elevate e dalla presenza di rilievi quali il Monte Moscal e la Rocca di Rivoli. Comprende la piana fluvioglaciale che separa i due apparati morenici del Garda e dell’Adige e presenta escursioni termiche più elevate nonché una maggiore piovosità.

Il “Bardolino Sommacampa-gna” sarà, invece, rappresentativo dell’area sud-orientale dell’area della Doc, nella sostanza a quella che Perez, nel 1900, descriveva come “Colli morenici meridionali”, includenti le località del perimetro “toccante l’alta pianura”, nel perimetro dell’antico distretto nord di Villafranca.

Dunque, una rilettura, in chiave moderna, dell’identità di quel ‘ventaglio’ di prodotti enoici del Bardolino che sono parte integrante della storia e della cultura della viticoltura e dell’enologia veronese e veneta.

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