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Le origini e i luoghi dei calici rosa

di Silvia Allegri

Rosa come la cipria o il salmone, come le pesche o il pompelmo, come le ciliegie o le albicocche, come la buccia di cipolla o un sorbetto di fragole. Sono inesauribili e variopinti i riferimenti a frutti e fiori, a piatti, a profumi golosi in ogni descrizione dei vini rosati. Vini associati tradizionalmente all’estate e alla bellezza, e considerati fino a pochi anni fa adatti semmai a incontrare i gusti delle donne, dimenticando come le signore competenti nel settore e intenditrici del buon bere siano decisamente numerose. Al gentil sesso, semmai, si deve riconoscere anche nel mondo del vino un’assoluta predisposizione all’assaggio e all’abbinamento. Ma c’è vento di cambiamento tra i calici rosa, e i numeri lo dimostrano: la crescita esponenziale, così come la loro presenza in carte vini di assoluta eccellenza, costringono quindi a ripensare il ruolo di questo colore. Che non è una via di mezzo tra il bianco e il rosso. È, semplicemente e a tutto tondo, rosa. Il terzo colore del vino. Ecco i suoi segreti.

 

Il mondo del vino si tinge di rosa

 

Le fiere e le kermesse, le degustazioni a tema e le masterclass di questo intenso periodo post pandemia hanno dato risalto a un trend che difficilmente passa inosservato: i vini rosati sono pronti a conquistare quote di mercato sempre più importanti. E se fino a pochi anni fa a detenere il primato, per eleganza e qualità, erano senz’altro i cugini d’Oltralpe, con la Provenza come terra di elezione per i rosè, oggi a contendersi il trono ci sono fior fiore di bottiglie provenienti da ogni angolo d’Italia. E, incredibile ma vero, sono proprio i francesi in vetta alle classifiche come importatori numero uno in Europa di vini rosa provenienti dall’Italia. Via libera ai calici del colore dei fiori e dei frutti dell’estate, allora, sulle tavole dei più grandi estimatori dei vini di alto livello: dagli Stati Uniti, storico mercato dei rosa, ai paesi scandinavi, dal Canada all’Asia.

 

Quali uve, quali zone?

 

È un…

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