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La DOC Marsala celebra i suoi 50 anni

di Nino D’Antonio

Al suo vino, la città deve tanto. Dalla notorietà del nome al fascino dei suoi “bagli” e delle sue cantine. Così rischia di scomparire non solo l’audace sbarco di Garibaldi, ma l’originario insediamento fenicio, il golfo dello Stagnone, la suggestiva archeologia di Mozia. Tutto, insomma, arretra per fare largo a sua maestà il Marsala e alla sua presenza sui mercati di tutto il mondo.

L’avventura è nota. Nell’ultimo quarto del Settecento, l’inglese John Woodhouse, commerciante di potassa, comincia a esportare vino, con ogni prevedibile incognita per la lunga navigazione. Ma l’aggiunta di un po’ di alcol e l’abbondante produzione (oggi siamo intorno ai 250 chilometri quadrati di vigneto) consentono via via di eliminare ogni alterazione.

Poi la mano passerà alla gente di mare. Perché alla flotta mercantile di Ingham non sarà affidato solo il prezioso carico, ma tutte le operazioni commerciali connesse ai contratti, alla vendita, alla riscossione del danaro.

Sicché, alla lunga, ogni comandante può vantare un tale patrimonio di conoscenze fra chi produce e chi tratta vino, al punto che più di qualcuno sarà spinto a passare dai ruoli di trasporto al commercio in proprio. E’ il caso di Diego Rallo, che comincia col comprare Marsala nelle campagne, per poi dar vita a una bella cantina, che farà la fortuna della famiglia per quattro generazioni. Nel 1851 nasce infatti la Rallo. Poi la storia si concluderà circa un secolo e mezzo dopo. I Rallo sono sette cugini, tutti eredi dell’azienda, ma poco interessati a produrre vino. Così, in pieno accordo, decidono di passare la mano.

L’unico della famiglia a non aver mai interrotto i suoi legami con la terra e col vino, è Giacomo, immaturamente scomparso. Ma la cessione della cantina comporta anzitutto quella della rinuncia al popolare nome. Di qui, qualche anno prima, la nascita di Donnafugata, l’azienda alla quale darà vita Gabriella Anca, moglie di Giacomo, nella sua Tenuta di Contessa Entellina. Ma questa è…

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