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I segni della religiosità popolare

di Claudio Favaretto

In questi ultimi tempi è stato riscoperto il gusto dell’andare a piedi o in bicicletta non tanto per necessità, come ai tempi dei nostri nonni, ma per scelta salutare. Ed allora è stato possibile accorgersi di particolari che erano sfuggiti allo sguardo frettoloso e preoccupato di chi andava in auto. Mi riferisco, in particolare, a quegli alberi che accolgono un’immagine sacra, alberi da qualcuno chiamati “sacri” e da altri “capitelli verdi” dove il sostantivo indica un’edicola costruita per devozione. Ad uno sguardo superficiale potrebbe sembrare la tradizione di una qualche famiglia particolarmente devota, ma la storia è molto più complessa ed affascinante e vale la pena di conoscerla perché ci spalanca spazi e tempi impensabili. Come si sa, l’uomo ha sempre avvertito il bisogno del divino. Ha sempre sentito la presenza nella sua vita di una dimensione che andava al di là dell’esperienza personale o della cerchia delle sue conoscenze. E questa dimensione richiedeva all’uomo una serie di gesti per manifestare alle forze misteriose che lo circondavano rispetto, ossequio, devozione. Erano forze che incutevano timore, paura, angoscia. Chi comandava le manifestazioni violente della natura, temporali, uragani, grandinate, nevicate, eruzioni vulcaniche, incendi, terremoti?

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