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Finché c’è Prosecco c’è speranza

di P. P.

Non sono un assiduo frequentatore delle sale cinematografiche, ma quando fu proiettato, sarei andato volentieri a vederlo questo film, perché mi attraeva il titolo. Non potei andare. Ora, a cinque mesi dall’uscita nelle sale italiane, ho ricevuto l’invito a partecipare alla Camera di Commercio di Treviso e Belluno, ad una conferenza stampa mirata a esaminare il bilancio del film. È stato molto interessante e piacevole, soprattutto l’aver potuto avvicinare Nicola Fedrigoni e Antonio Padovan, rispettivamente produttore e regista del film, entrambi alla loro prima esperienza totalmente indipendente, anche in relazione a contributi pubblici. Si tratta dell’accesso alla pellicola del romanzo di Fulvio Ervas scrittore che ha anche collaborato alla sceneggiatura, “Finche’ c’è prosecco c’è speranza”, titolo tal quale quello del film, tratto da fatti realmente accaduti. Ho potuto guardarmelo con attenzione, e posso ben dire che è un film ben fatto, molto curato. Una storia che si tinge di giallo in una originalità legata all’ispettore Stucky, si fa sentire reale. Del vino Prosecco non è che si parli proprio tanto, l’argomento si tocca marginalmente; scorre qualche scena, questo sì, in cui sono apprezzate le gagliarde “ombre”. Trame di omicidi, splendidi paesaggi delle colline trevigiane, panorami di territorio felicemente vocato alla viticoltura. Il conte Ancilotto, produttore di vini eccellenti nel territorio del Prosecco, gaudente signore che ama le donne e la vita autentica, in perenne contrasto con le emissioni del cementificio, si suicida. A indagare sul fatto, siamo a ferragosto, capita l’ispettore Stucki. Indagando, costui osserva un personaggio un po’ bizzarro che frequenta ogni giorno il piccolo cimitero dove ama grattare la ruggine e conversare con i morti. Non crede al suicidio, l’oste di Treviso che acquistava il vino dal conte, del quale aveva grande considerazione: all’ispettore Stucki, chiede perché mai dovrebbe farlo un tale personaggio,…

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