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Gli affascinanti Pinots nelle vigne Friulane

di Claudio Fabbro

Prosecco e Pinot grigio in gran spolvero, a dar respiro ad un settore importante, l’unico in agricoltura che sopravvive alla crisi post 2008, calamitano l’interesse dei più; ma non per questo si dimenticano “gli ultimi “ e fra questi il Pinot nero, varietà che comunque affascina anche se non vanta i numeri dei suoi due “figli”, il Pinot bianco e soprattutto il dilagante Pinot grigio.

Ma vediamo di seguito cosa scrissero in proposito due grandi testimoni delle vicende agrarie vitivinicole in periodi diversificati : il dr. Guido Poggi nel 1939 e l’enologo Piero Pittaro nel 1982.

 

I PINOTS

“Varietà di merito che in Friuli, specie in località a viticoltura pregiata vanno diffondendosi - scriveva Guido Poggi nel 1939 - ma che meriterebbero, senza dubbio alcuno, maggiore attenzione da parte dei viticoltori perchè capaci di produrre vini che molto non si differenziano, per bontà, da quelli rinomati francesi della “Borgogna”.

In provincia, i “Pinot” (il nero particolarmente), erano un tempo diffusi ed apprezzati dai viticoltori perchè di fronte ai tipi di vini nostrani prodotti con uve di secondo merito anche troppo ricche di acidità, mitigavano tale eccesso ed ingentilivano il prodotto.

E che antica fosse la coltivazione lo prova anche l’abbondante letteratura. Il friulano Lodovico BERTOLI infatti, nel 1747, in una Memoria apparsa a Venezia dal titolo “LE VIGNE ED IL VINO DI BORGOGNA IN FRIULI” affermava: che dopo aver gustato a Firenze l’uva “Pinneau” venuta dalla “Borgogna” ed averne avuto assicurazione che altro non era che “Refosco del Friuli” usò maglioli di “Refosco di Biauzzo” per riprodurre in Friuli il vino di “Borgogna”. Vi è da ritenere che i maglioli di “Refosco di Biauzzo” (località presso Codroipo) altro non fossero che tralci di “Pinot”.

Pur essendo varietà di merito, il “Pinot bianco” e quello “grigio” (il “Pinot nero” dà prodotti non molto costanti ) tuttavia verso di loro i viticoltori friulani, almeno nella gran maggioranza, non dirigono le preferenze.

Le ragioni forse sono identificabili nella precocità di maturazione delle uve che obbliga a coltivazioni specializzate per la necessaria raccolta anticipata: nella forse troppo scarsa acidità del vino, che non riesce gradevole al palato del comune bevitore, ed anche nella non grande produttività nei raffronti s’intende, di altre varietà di merito quale ad esempio il Tocai”.

“Non voglio certamente arrischiarmi – prosegue il Poggi - a paragonare il “Pinot grigio” maturato nei nostri terreni con “Sa Majesté le Montrachet” pari di Francia così come chiamava lo scrittore francese Paul RAMAIN il vino della Côte d’Or dove il “Pinot bianco” e quello “grigio” si vinificano assieme al “Pinot Chardonnay”; tuttavia in molte nostre località di colle ed anche di piano (Cervignanese, Aquileiese e colline eoceniche) produce vini di grande merito, squisiti, alle volte sin troppo potenti per ricchezza di alcole e di estratto. In qualche località poi il “Pinot grigio” viene impropriamente chiamato “Tocai grigio”, ma nulla ha a che vedere con il “Tocai”.

I “Pinot” non vegetano molto bene nei climi caldi, ragione per cui da noi, così come in “Borgogna”, hanno trovato il loro optimum di ambiente.

In province finitime, ad esempio in quella di Pola, il “Pinot bianco” dà un vino di alcolicità elevata; si esporta all’estero e costituisce un ottimo tipo da pesce. Resistenti all’invecchiamento, bene accetti ai palati fini, “Pinot bianco e grigio” si debbono quindi considerare tipi di merito, anche superiori e la diffusione dei vitigni - conclude Poggi - dovrebbe venire propagandata; in tale senso, del resto è intonata l’attività dei tecnici preposti”.

PINOT BIANCO

“Il Pinot bianco – conferma Piero Pittaro, 1982- è uno dei tre fratelli della famiglia dei “Pinot”.

Antichissima l’origine, dato che le tracce della loro coltivazione risalgono all’epoca romana.

Conosciuti da sempre in Francia, dove “Pinot bianco” e “Pinot nero” costituiscono la base dei più famosi vini del mondo.

“PINOT BLANC” in Francia, “WEISSBURGUNDER” in Germania, in Italia è conosciuto anche col nome di “BORGOGNA BIANCO”, con chiaro riferimento alla zona di origine e di maggior coltivazione. Mentre il “Pinot bianco” deriva certamente da mutazione gemmaria del “Pinot nero”, lo “CHARDONNAY è una varietà a sè stante, anche se simile

Vitigno nobilissimo il “Pinot bianco”, largamente coltivato in Borgogna, dove costituisce la materia prima per i bianchi da lungo invecchiamento. Diffusissimo anche in Italia, specie in Trentino-Alto Adige, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e ora inche in Puglia. Il “Pinot bianco” è quanto di meglio un imprenditore possa desiderare. Gradazione piuttosto elevata, acidità fissa media, elegante di corpo, di un bel colore giallo paglierino con riflessi verdognoli da giovane, per poi assumere sfumature dorate durante l’invecchiamento. Profumo delicato e contenuto, con nouances di fiori e di frutti appena vinificato, assume quindi una notevole fragranza che ricorda la crosta del pane appena sfornato per poi passare all’artemisia, al mandorlo dopo l’invecchiamento.

Col lungo invecchiamento in fusti di rovere, in barriques, come avviene in Borgogna, compariranno le fugaci sfumature di erbe rare, di sottobosco, di frutta secca, perfettamente amalgamate per la delizia dell’olfatto più raffinato “.

E’ vino da aperitivo e, secondo luogo e vinificazione, adatto su tutta la gamma degli antipasti magri, delle ministre asciutte e in brodo, dei piatti a base di uova e dei piatti a base di pesce.

Sempre elegante quello che l’enoturista può degustare nelle cantine di “Villa Russiz” (www.villarussiz.it) a Capriva del Friuli (DOC Collio-Gorizia)

 

PINOT GRIGIO

“Il Pinot grigio – scrive ancora Pittaro, 1982- deriva dalla mutazione gemmaria del “Pinot nero”, del quale, colore escluso, conserva quasi tutte le caratteristiche. La prima importazione dei “Pinot” in Italia sembra sia avvenuta tramite il Generale EMILIO DI SAMBUY che dalla “BORGOGNA” lo portò nella sua tenuta di Lesegno, in provincia di Cuneo. La diffusione di tutte e tre le varietà avvenne lentamente in tutta l’Italia settentrionale, ma con scarsi risultati nella qualità.

Gli impianti effettuati in terreni non adatti ebbero come risultati vini deboli, senza sapore e poco serbevoli.

Non si riuscì forse a capire che i “Pinot” hanno un habitat naturale in terreni collinari, piuttosto freddi, compresi fra il 46° e 51° parallelo di latitudine nord. Solo negli ultimi decenni di questo secolo vennero effettuati impianti in terreni adatti, molto simili a qualli della “BORGOGNA” o dello “CAMPAGNE”. Attualmente il Italia il “Pinot grgio” è diffuso nel Trentino Alto Adige, nel Friuli Venezia Giulia, in Lombardia e Piemonte.

Rari vigneti in altre regioni. Poco diffuso in Francia, abbastanza in Svizzera, Germania, Cile, Argentina, Australia, Africa del Sud. Stranamente in Italia, è più conosciuto e più di moda il “Pinot grigio” del “Pinot bianco”. La vinificazione può avvenire in bianco o in ramato; in bianco si ha maggior finezza, eleganza, discrezione.

Fruttato da giovane, assume un largo e pungente bouquet di fieno secco, mallo di noce, mandorle tostate.

E’, come il “Pinot bianco”, secondo luogo e tipo di vinificazione, adatto su tutta la gamma degli antipasti magri, delle minestre asciutte e in brodo, dei piatti a base di uova e dei piatti a base di pesce; affronta bene anche i salumi e le carni lesse. Molto interessante la versione macerata proposta da Valter Scarbolo (www.scarbolo.com) in Lauzacco di Pavia di Udine (DOC Friuli Grave –Udine)

 

PINOT NERO

Il “Pinot nero” dà i rossi più famosi del mondo, (quelli della “BORGOGNA”) e i bianchi spumanti ancor più famosi, (quelli dello “CHAMPAGNE”). Diffusissimo in Francia, nelle zone citate, meno in Italia, dove però sta guadagnando posizioni. Le zone più intensive so- no: OLTREPO’ PAVESE, PIE-MONTE, TRENTINO-ALTO ADIGE, FRIULI-VENEZIA GIULIA, VENETO e, in minor misura, in altre zone. Diffuso anche in GERMANIA, SVIZZERA, ARGENTINA, CILE, ecc. La versatilità di questo vino, sia vinificato in bianco, che in rosso, la resistenza a lungo invecchiamento, la finezza della qualità, lo hanno senz’altro portato al primo posto nei vertici della classifica mondiale. PITTARO ricorda che: “Dob-biamo distinguere due lavora- zioni: Lavorazione in rosso: per la produzione di rossi da lungo invecchiamento. In questo caso la lunga macerazione e l’elevata acidità fissa predispongono il vino alla lunga sosta in piccoli fusti di rovere. Da giovane il vino risulta impersonale anonimo. Col passare degli anni si affina notevolmente, evolvendo le caratteristiche organolettiche in sfumature in cui spiccano il goudron, il legno bruciato, il sottobosco, il tartufo. E’ insomma un vino aristocratico da grandi intenditori. Lavorazione in bianco: con questo sistema si preparano le basi per il più celebre spumante del mondo: lo “CHAMPAGNE”. L’uva viene pigiata nel modo più soffice possibile; il mosto decolorato dalle tracce rosa, passa alla lunga fase della presa di spuma. Certamente la grande classe, la fragranza del bouquet in cui spicca gradevole il profumo di lievito, ha fatto di questo vino il più famoso del mondo”. E’ vino da carni, bianche e rosse, arrosto o con salse bianche o brune (in particolare pollame nobile).

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