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Prosecco DOC: un grande successo

di G.G.

Nel corso dei secoli la produzione del Prosecco venne completamente abbandonata dai viticoltori del Carso triestino e del Collio friulano, sviluppandosi invece lungo le colline venete, in particolare nella provincia di Treviso (zone di Valdobbiadene, Conegliano ed Asolo). Lo straordinario successo ottenuto dal Prosecco a partire dal secondo dopoguerra ha creato una serie di tentativi di imitazione: vini denominati “Prosecco” sono stati prodotti in Sudamerica (“Prosecco Garibaldi” in Brasile), in Croazia (“Prošek”), in Australia (“Prosecco Vintage”) eccetera. Diventando quindi urgente una regolamentazione legislativa che arginasse il fenomeno ed essendo vietato dalle norme internazionali proteggere il nome di un vitigno (era invalso infatti l’uso di chiamare “Prosecco” il vitigno produttore del vino), si rese necessario ricollegare la produzione veneta col nome della località originaria del Prosecco, e cioè la località omonima presso Trieste, nel contempo ripristinando gli antichi nomi - “Glera” e “Glera lungo” - dei vitigni. Si decise quindi di creare un’area di produzione contigua molto più vasta della precedente, contenente anche alcune province nelle quali il Prosecco non era mai stato prodotto o prodotto in quantità limitatissime (Venezia, Padova, Belluno) o dove la produzione era praticamente cessata da secoli (Trieste, Gorizia, Udine). L’iter venne concluso il 17 luglio 2009, con la promulgazione del decreto di riconoscimento della DOC “Prosecco”, delle due DOCG “Conegliano Valdobbiadene - Prosecco” e “Colli Asolani - Prosecco” (o “Asolo - Prosecco”) e del relativo disciplinare di produzione. La riorganizzazione di tutta la produzione ha avuto luogo a partire dalla vendemmia iniziata il 1º agosto 2009.

Pertanto, quando si parla di Prosecco occorre precisare ovvero:

• il Prosecco DOCG (le 2 denominazioni delle colline trevigiane) anche denominato Prosecco Superiore;

• il Prosecco DOC (quello prodotto in tutto il Friuli Venezia Giulia e in 5 province del Veneto).

Poi, ci sono tanti vini a base glera ma IGT o generici e che quindi non possono chiamarsi Prosecco.

Il Prosecco viene prodotto nelle province del Veneto, esclusa Rovigo e Verona (circa 80% del totale), e in tutte le province del Friuli-Venezia Giulia (circa 20% del totale). All’interno di questo territorio ci sono anche due DOCG per la produzione del Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene e del Colli Asolani-Prosecco.

Negli anni s’è imposto fra le varie tipologie di prosecco il Cartizze, prodotto in una ristretta area di 106 ettari in una zona omonima, compresa all’interno di una frazione del comune di Valdobbiadene. Secondo il disciplinare, la produzione delle varianti “spumante” o “frizzante” è peraltro possibile anche in aree diverse da quelle di produzione delle uve, laddove esiste una tradizione di tali pratiche: pertanto il Prosecco continua ad essere prodotto anche in Piemonte.

Si distinguono essenzialmente tre tipologie di Prosecco:

• il Prosecco propriamente detto (tranquillo), con un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 10,50% vol.

• il Prosecco spumante, con un minimo di 11,00% vol.

• il Prosecco frizzante, con un minimo di 9% vol.

In tutti i casi si tratta di un vino dal colore giallo paglierino, dall’odore fine e dal sapore fresco. La variante spumante può essere brut, extra-dry o dry, mentre le altre sono solo secche.

Occorre sottolineare che il prosecco della tradizione locale (all’incirca sino agli anni ‘70), di massa, è stato unicamente quello fermo (tranquillo); solo successivamente si è diffuso lo spumante e frizzante con metodo Martinotti, più qualche rarissimo esempio di spumante metodo classico. È controverso, invece, se la versione frizzante naturale (detta “Colfondo”) sia da attribuire alla tradizione e in che misura.

Il vitigno base per la produzione di Prosecco è il glera, le cui uve devono costituire almeno l’85% del totale. Una piccola frazione, comunque non superiore al 15% del totale, può essere costituita da verdiso, bianchetta trevigiana, perera, glera lunga, chardonnay, pinot bianco, pinot grigio e pinot nero vinificato in bianco.

I terreni adatti alla coltura dei vigneti sono quelli ben esposti e drenati, quindi non sono ammessi terreni ad alta dotazione idrica o torbosi. In ciascun appezzamento devono sussistere almeno 2.300 ceppi per ettaro. Le tecniche di coltivazione e impianto sono quelle “classiche” che non provocano modificazioni alla qualità di uva e vino, prive di forzature.

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