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Sei in brodo di Giuggiole

di Enzo Gambin

“Te si in brodo de giugioe” – “Sei in brodo di giuggiole”

Nella lingua veneta le giuggiole sono chiamate “sìsole” o “sìsoe” o “zìzole”, termine proveniente dal tardo greco “ζιζουλά” ,”zizoula”; Omero, 850 a. C., ne fa riferimento nel X libro dell’Odissea:

“Ulisse, al ritorno da Ilio doppia il capo Malea ma, un forte vento del Nord, lo respinge lungo Citera e

….

Nel decimo sbarcammo in su le rive

De’ Lotofági, un popolo, a cui cibo

È d’una pianta il florido germoglio.

Entrammo nella terra, acqua attignemmo,

[ …] Io due scelgo de’ nostri, a cui per terzo

giungo un araldo, e a investigar li mando,

[…] partiro e s’affrontaro a quella gente,

Che, lunge dal voler la vita loro,

Il “dolce loto” a savorar lor porse.

Chiunque l’esca dilettosa, e nuova

Non bramava tornar: colà bramava

Starsi, e, mangiando del “soave loto”,

La contrada natia sbandir dal petto.

È ver, ch’io lagrimosi al mar per forza

Li ricondussi, entro i cavati legni

Li cacciai, gli annodai di sotto ai banchi:

E agli altri risalir con gran prestezza

Le negre navi comandai, non forse

Ponesse alcun nel “dolce loto” il dente,

E la patria cadessegli dal core.

Omero non parla di mangiatori di giuggiole ma di “λωτός”, “lòto”, un termine generico, che nel greco antico indicava alberi da frutto.

I “lotòfagi”, “λωτοϕάγος”, possiamo considerarli gli antenati dei moderni fruttariani.

A dare un credibilità che il “lòto” fosse la “giuggiola” ci pensò il medico genovese Paolo Della Cella, 1792 – 1854, vissuto in Libia, che scrisse nel suo volume, “Viaggio da Tripoli di Barberia alle frontiere occidentali dell’Egitto”: “…. dà tempi Omerici fino à nostri, è stato parlato, sotto nome di Lotofagi, di una singolare razza di popoli, che vivevano fra le grotte degli scogli che cingono la Sirte minore, e traevano tutto il loro nutrimento dal Loto. Il frutto soavissimo di questa pianta, che ebbe a far dimenticare Itaca à compagni di Ulisse, onde bisognò legarli sul cassero, per rapirli da…

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