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San Floriano

di Claudio Favaretto

Alcuni anni fa mi trovavo in Polonia, da amici. La domenica mi accompagnarono a messa in una parrocchia a una ventina di chilometri da Cracovia.

Cercai di seguire con tutta la mia buona volontà il santo ufficio, ma certo la lingua non mi aiutava. Con il Concilio si è sicuramente avvicinata la liturgia al popolo, ma si è perduto l’uso del latino che accomunava tutti i cattolici. Ma al di là di questa fastidiosa difficoltà, la mia attenzione fu attratta da un bassorilievo in cui un soldato, con equipaggiamento di epoca romana, versava da un secchio dell’acqua sul tetto di una casa da cui si intuivano uscire lingue di fuoco.

Rimasi sorpreso perché gli elementi iconografici dimostravano che si trattava di san Floriano, un santo che ritenevo appartenesse al nostro ambito culturale. Invece non era così!

Floriano era un veterano dell’esercito romano di stanza nei pressi di Krems, una città austriaca posta sul Danubio ad una settantina di chilometri da Vienna.

Siamo nei primi anni del 300 d.C, al tempo dell’imperatore Diocleziano, considerato uno dei più strenui difensori della romanità, ma anche uno dei più feroci persecutori dei cristiani, da lui considerati nemici della compagine statale poiché, non riconoscendo la divinità degli imperatori, minavano la compattezza politica.

Dal tempo di Augusto, tre secoli prima, il confine dell’impero romano nel nord d’Europa, correva lungo il Reno ed il Danubio. Floriano evidentemente faceva parte della guarnigione posta a difesa del confine, il famoso “limes”.

Floriano era cristiano ed avendo saputo che alcuni suoi correligionari erano stati incarcerati nella vicina località di Lorch, un sobborgo dell’attuale città di Enns, vi si recò forse per condividerne la sorte. Infatti fu catturato da alcuni soldati, condotto dall’ autorità politico-militare di allora, un certo Aquilino, che metteva in pratica gli ordini spietati di Diocleziano: chi non avesse sacrificato agli dei pagani sarebbe stato considerato nemico…

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