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Silvio Jermann: una sicura identità

di Nino d'Antonio

Mi colpisce il tono fermo. Deciso. Di quelli che non consentono repliche. “Jermann? E’ il Gianni Agnelli del vino. E se ci penso, i due hanno anche parecchi punti in comune….”.

L’uomo, uno spilungone dalla folta capigliatura bianca, si sta godendo un po’ di fresco nella piazzetta che ospita la statua di Massimiliano d’Asburgo, a Cormons. Ma soprattutto ha tanta voglia di parlare. “Conosco tutta la famiglia, da sempre. Silvio allora studiava ancora a Conegliano. Poi passò a San Michele all’Adige. Un cervellone, mi creda…..”.

E qui, con molte fughe nella parlata friulana, il mio sconosciuto interlocutore mi illustra legami e parentele, la rottura fra padre e figlio, il lungo soggiorno in Canada di Silvio, la nascita della nuova cantina. Fino al Vintage Tunina, quel Bianco che ha reso il nome di Jermann famoso nel mondo.

“Le ripeto. E’ il nostro Agnelli. E, di certo, le affinità fra i due non sono poche. Entrambi uomini di grande fascino, eleganti, amanti delle belle donne e con qualche tendenza alle stravaganze. E poi, la passione per il tennis, lo sci, il golf. Forse a Jermann manca la confidenza col mare, uno dei legami più intensamente vissuti dall’Avvocato, ma non è detta l’ultima parola…”.

L’incontro, del tutto imprevisto, ha messo un po’ di scompiglio nei miei appunti. L’accostamento Jermann-Agnelli è improponibile, anche alla luce di qualche comune opzione. L’Avvocato resta un dio greco, un principe rinascimentale, un mix di finanza e tecnologia. Eppure, quell’orologio in bella vista sul polsino della camicia, continua a intrigarmi. E così la cravatta sul pullover. Al pari di quella cintura indossata al contrario da Silvio, quando gioca a golf. Stravaganze. Niente di più.

Sono qui al confine sloveno per incontrare Jermann, un uomo che fa storia nel mondo del vino. L’ho visto in più occasioni, ma senza lo spazio sufficiente per uno scambio di idee. Tra il Friuli e la Venezia Giulia, Silvio è un mito. Anche fra gli stessi compagni di scuola, che…

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