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La sicura identità degli antichi vini di Telaro

di Nino D’Antonio

A pensarci bene, i Telaro sono più di una storica famiglia, da sempre legata ai destini della terra e ai suoi prodotti, dal vino alla frutta agli ortaggi.

Perché tutti insieme costituiscono un clan, uno staff, un’equipe, una squadra – chiamatela come volete – la cui compatta e concorde azione ha portato allo straordinario successo di un’azienda, che oggi può contare su settanta ettari di vigneto.

Perché i Telaro (sono ben cinque fratelli e una sorella: Luigi, Arduino, Rosalba, Pasquale, Massimo, Roberto) grazie alle specifiche competenze di ognuno di loro – Pasquale è enologo, Luigi è agronomo, Rosalba segue accoglienza e agriturismo – hanno dato vita non solo a una Cantina fra le più avanzate nel territorio di Sessa Aurunca, o meglio di Galluccio, il paese ai piedi del vulcano spento di Roccamonfina.

Non è stato facile abbandonare i tranquilli canali di vendita del vino sfuso, e tirar su un’azienda in linea con la più avanzata tecnologia.

C’è voluto il passaggio da una generazione all’altra, e soprattutto la competenza e la professionalità di vari membri della famiglia.

Perché la Telaro opera in quella campagna ricca di antichi e nobili vitigni, dal Falerno (che ha proprio qui le sue radici) all’Aglianico, al Greco al Fiano alla Falanghina, tutti vini prodotti con grande cura dalla Cantina di Galluccio.

Ma i Telaro hanno ancora qualche asso nella manica. A cominciare dal Bariletta, un vino antico da un vitigno ancora più remoto (siamo nella Roma repubblicana) che pare sia riconducibile ai vari cloni del Primitivo.

Si aggiunga che dai Rosati, prodotti con uve Aglianico, i Telaro non hanno rinunciato a un pizzico di fantasia.

Un modo che li lega al linguaggio popolare e ai versi di una celebre canzone di Totò. Mi riferisco al ciclo Bella Femmena e Mala Femmena. Mentre all’uva Falanghina è da riferire solo l’etichetta Femmena, senza alcun aggettivo. Ripercorro questa storia di famiglia con Angelo Masi, che da oltre dieci anni cura il settore commerciale della Telaro.

La quale opera, oltre che sul mercato nazionale, in Germania, Giappone e Canada.

Masi è un parlatore amabile, e insieme a Massimo non trascura d’intrattenermi sulle attività promozionali della Cantina, che spesso ospita interessanti incontri col mondo della letteratura e del teatro.

Gli eventi sono favoriti oltre che da un’accogliente sala degustazione, anche dalla presenza di un agriturismo (curato da Rosalba, l’unica donna del gruppo), che incontra il favore di quegli ospiti particolarmente interessati alle numerose tracce romane diffuse sul territorio.

La varia produzione dei vini più tipici della Campania, esclude però da parte dei Telaro qualsiasi forma di sterile concorrenza con l’area irpina e del Sannio, dove si registrano alcune Docg. Questo perché i loro vini garantiscono sia un’eccellente qualità, che i caratteri distintivi del comprensorio dal quale provengono. Così, L’Aglianico dei Telaro si differenzia da quello dell’area del Taurasi, e la Falanghina da quella del Sannio.

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