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A proposito di acqua

di Ulderico Bernardi

Va bene che questa è una qualificata rivista enologica, ma almeno per una volta sia consentito di parlare di un’altra bevanda. Altrettanto essenziale: l’acqua! E poi siamo in tempo di Quaresima, così che l’astinenza dal frutto della vite per quanto può durare la lettura di un articolo vale a titolo di piccola penitenza. Ne abbiamo bisogno tutti, se è vero come è vero che singoli e comunità, privato e sociale, non c’è nessuno che possa chiamarsi fuori in materia di spreco di questo preziosissimo bene. Un acuto osservatore politico ha scritto che se il Novecento è stato il secolo del petrolio, questo che abbiamo davanti dedicherà tutte le sue attenzioni e preoccupazioni all’acqua. Un bene finora considerato come abbondante, accessibile con estrema facilità, trascurabile sul piano dei costi. Il rischio, invece, è che ci si ritrovi a fare amarissimi conti con questa illusione. Anche nelle nostre belle contrade, addolcite da innumerevoli corsi d’acqua, risorgive, fossatelle, rigagnoli, fiumi un tempo (prima delle centrali elettriche a monte) imponenti, fontane a getto continuo. Il guaio è che una parte importante delle acque dolci è già compromessa per l’inquinamento causato da detergenti, scarichi industriali, reflui di irrigazioni su terreni imbottiti di cento elementi chimici ostili. Aggiungiamo la dispersione, il vero e proprio scialo per indifferenza, come risultato di vecchi impianti di distribuzione dell’acqua: tubi dell’acquedotto bucati come uno scolapasta, impianti di irrigazione inadeguati, comportamenti di consumo da grandi di Spagna, per cui, per un veloce lavaggio dei denti si lascia scorrere dal rubinetto domestico una quantità d’acqua venti volte maggiore del bisogno. In cinquant’anni, con la crescita del benessere, di sciacqui e sciacquoni, e la moltiplicazione delle residenze, il consumo dell’acqua è quintuplicato in tutti i paesi ricchi. Così un altro squilibrio si aggiunge ai tanti già esistenti tra i paesi del nord e sud del mondo. Qualche dato: negli Stati Uniti d’America ogni cittadino consuma in media 2000 metri cubi d’acqua l’anno. Un europeo se ne scola, per dire, 500 metri cubi l’anno. L’africano, meschino, è costretto sulla soglia dei 20 metri cubi l’anno. Cento volte meno degli americani, venticinque volte meno dei più sobri cittadini d’Europa. Piccolo test domestico: provate a chiedere a figli, nipoti (e a voi stessi, magari) quanto costa un metro cubo d’acqua. Se molti conoscono il prezzo d’una bottiglia d’acqua minerale, di cui gli italiani sono ingordi, quasi nessuno è in grado di rispondere correttamente alla domanda riguardante la bolletta dell’acqua potabile di rubinetto. Molte sono le differenze, in Italia e fuori. A Paler-mo si paga 1,38 Euro per metro cubo (il prezzo più alto nel nostro Paese), a Milano la medesima quantità viene addebitata 0,52 Euro. Quanto ai Paesi europei, si va dalla Turchia, dove l’acqua si paga appena 20 centesimi di Euro, sempre al metro cubo, all’Italia (con Turchia, Ungheria, Norvegia e Repubblica Ceca, tra i paesi più a buon mercato) con un prezzo pari a poco meno di 40 centesimi, ad Austria e Belgio, che si collocano al vertice dei paesi più cari, dove i cittadini delle rispettive capitali devono sborsare intorno a 1 Euro e 70 centesimi (più di 8 volte il prezzo della Turchia, e oltre il quadruplo degli italiani) per ogni metro cubo d’acqua. Il problema non è semplice “come bere un bicchier d’acqua”.

C’è tutta un’educazione da dif-fondere, una tecnologia innovativa da adottare, una politica edilizia da controllare riguardo alle falde freatiche. Senza esagerare in fondamentalismi ambientalistici, ma con tutta la consapevolezza del caso.

Il mondo vive sull’acqua e di acqua. Non c’è creatura vivente che possa farne a meno. Senza acqua da bere si muore. Senza acqua buona il pianeta finisce. Si può immaginare che negli anni a venire crescerà un vero e proprio giro d’affari applicato all’acqua, al suo reperimento, alla sua distribuzione, alla sua conservazione, al suo disinqui-namento, al suo governo. Già le Nazioni Unite pensano a creare un’agenzia mondiale dell’acqua. Va bene che, come diceva un letterato francese appassionato trincatore, tutti i bevitori d’acqua sono esseri cattivi, ma anche la nobile bevanda dei vigneti è il risultato dell’impiego di tanta acqua. Ecco perchè il problema non può lasciare indifferenti nemmeno i lettori di Taste Vin.

 

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