L'Actinidia o kiwi
di Enzo Gambin
Le prime testimonianze della presenza dell’albero di Actinidia in Italia sono date dal Catalogo vivaistico del Giardino Allegra di Catania del 1934, che lo proponeva come ornamentale. Quarant’anni dopo, proprio agli inizi degli anni Settanta, iniziarono i primi impianti sperimentali per proporre l’Actinidia come pianta agraria da frutto. In quest’attività di ricerca l’entroterra del lago di Garda veronese fu tra i primi, offriva terreni adatti e un clima mite. Dieci anni dopo a Verona erano già presenti numerosi frutteti di Actinidia, che, in breve tempo, diedero inizio a una storia di successo. I giornali dell’epoca parlavano del kiwi come il “frutto della salute”, leggermente peloso, con la polpa soda, dolce e acidula, ricchissima di vitamina C, più dei limoni e delle arance, era venduto a frutto singolo, con prezzi che raggiungevano le mille lire. Emilia Romagna e Lazio non furono da meno di Verona e investirono subito su questa coltura.
Nel 1983, a Bologna si fondò il “Consorzio Italiano Kiwì” e, nello stesso anno, il Ministero dell’Agricoltura istituì una “Commissione di Studio sull’actinidia in Italia”. Nel 1986, a Verona, fu organizzato il “Convegno nazionale dell’actinidia”.
Oramai è più di mezzo secolo che mangiamo kiwi, però conosciamo così poco la sua storia.
La pianta dell’Actinidia proviene dalla valle del fiume Yang Tze, Fiume Azzurro, in Cina. Antichi poemi cinesi la menzionavano come pianta rigogliosa, con lunghi germogli e bei fiori. Nel libro “Er Ya”, 300-200 a.C., si scriveva che i frutti di Actinidia avevano proprietà febbrifughe e la sua linfa era usata come colla nella fabbricazione della carta. I Cinesi chiamavano l’Actinidia con “Mihoutao”, mentre i Giapponesi, che pure loro conoscevano questa pianta, la nominavano “Yang-Tao”, con il significato di “frutto della salute”.
Probabilmente la prima catalogazione dell’Actinidia come pianta medicinale fu fatta dal medico Chiu Huang Pen T’sao nel suo libro “Pen T’sao Kang Mu”,…
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