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Il Metal Becher Pierluigi de Meneghi

di Giancarlo Saran

Ci sono storie che hanno radici nella tradizione tutte da scoprire, per conservarle a futura memoria. Potrebbe essere questa la sintesi ad introdurre una indovinata iniziativa voluta dalla Ingorda Confraternita del Museto, ispirata da Matteo Guidolin, funambolico sindaco di Riese Pio X, la Città natale di Papa Giuseppe Sarto. Un prodotto “cenerentola” della mattanza suina, secondario e ultimo – per materia usata – rispetto a salami, soppresse & co.

In realtà il Museto è roba seria, come ricorda uno dei suoi migliori interpreti, Pierluigi De Meneghi, di Spresiano, un “metal becher” che, per ben due volte, si è assicurato il “Museto d’Oro” all’olimpiade suina di Riese.

“Il Museto è un insaccato che ha bisogno di tante attenzioni, molti lo sottovalutano, ma, nella mia esperienza, credo che sia quello più difficile da fare”. Un capolavoro che nobilita le parti più umili del maiale.

De Meneghi è un norcino di ritorno. La famiglia, da sempre, come nelle migliori tradizioni del Veneto rurale, aveva una o due “creature” allevate nel cortile di casa. Da papà Fausto un monito, affettuoso testamento. “Nella nostra famiglia, da sempre, abbiamo allevato almeno un maiale a stagione”.

Siamo in pieno boom economico, Pierluigi, classe 1964, insegue il sogno di un nordest che lo faccia decollare verso un benessere migliore, senza prendere le rotte di quell’emigrazione che ha fatto sognare generazioni con la valigia verso mondi altrove.

La vita è un rollercoaster, per dirla in chiave rock, cioè una montagna russa, fatta di saliscendi ed imprevisti, che devi saper affrontare, restando in sella.

Ecco allora che, nel 2015, Pierluigi, da sempre operativo in un’azienda metalmeccanica, affronta un percorso di preparazione gestito dalla regione Veneto per avviare una PPL, ovvero una piccola produzione locale, qualità e garanzie nel rispetto della tradizione.

Si apre un altro mondo. Il metal becher (macellaio con precedenti metalmeccanici) sa cosa vuole e seleziona alla fonte i suoi fornitori. La logistica è dietro la porta di casa, un terreno agricolo mantenuto come un giardino. Non più di trenta maialini all’anno. Li adotta giovanetti (sessanta chili) e, in sei mesi, li porta a viaggiare di quarta taglia, duecento quaranta/sessanta chili. Non c’è trucco. Tutto naturale, come natura dispone. Nei cinque campi di famiglia si semina e coltiva come fossero in una beauty farm: mais, orzo, frumento, tutto al massimo naturale. Sali minerali per integrarne le brumose arie del nord est.

Ma la marcia in più arriva conseguente. Dai ricordi giovanili Pierluigi fa riemergere una soffiata sapiente, di un veterinario, il dottor Dall’Onore, che, a Spresiano, era una sorta di predicatore rurale “fate stare bene le vostre bestie, daranno un latte migliore, magari con un po’ di musica in stalla, come sottofondo”. Si riferiva alle stalle vaccine, ma le buone idee non hanno confini. Nella colonna sonora di De Meneghi echeggiavano i ritmi degli U2 di Bono Vox e dei più ruspanti Nomadi, quelli di “Crescerai”, in questo caso per dare salami e insaccati da hit parade golosa. Why not applicare la musica quale accessorio in più ad una selezione biologicamente mirata.

Un timer attiva la vecchia radio anni cinquanta, posta a sentinella entro la stalla, con musiche trasmesse dalle migliori emittenti deejay del momento. Ma non basta. Pierluigi ha metabolizzato anche un’altra regola del buon allevatore. Il benessere dell’animale passa per la capacità di farlo adattare, nel miglior modo possibile, all’ambiente che lo circonda. Detto fatto. Non ci sono solo i Jethro Tull o gli ACDC, ma quando fa caldo una bella docce fresca, come se ci si trovasse in spiaggia a Malibù (o a Jesolo), può fare la differenza.

Queste le premesse. Poi la sostanza. Nella “sala operatoria” si procede con debita lavorazione manuale. Come da tradizione. Sale di qualità e pepe conseguente. La prima asciugatura degli insaccati con la stufa a legna (quella con cui le nostre nonne ci hanno dato il primo imprinting goloso). La stagionatura in ambiente adeguato, con temperature ed umidità conseguenti. “Il tempo non va a braccetto con la fretta” tiene a precisare De Meneghi “i salumi sono materie vive” come ha raccontato ad Elisa Guizzo “possono avere bisogno di tempi diversi per valorizzare al massimo le proprie caratteristiche organolettiche”.

Con le celle frigorifere si viaggia certamente più spediti, ma con una standardizzazione del prodotto che ne fa perdere molto dell’originalità artigianale.

Nella Beccaria by De Meneghi si trova molto altro, oltre al Museto che lo ha reso celebre mediaticamente, anche se, tra addetti ai lavori e palati conseguenti, la sua fama era già consolidata, con prenotazioni che arrivano da tutto il triveneto. Ecco allora la Sopressa “da corriera”, oltre un metro, “perché, una volta, quando si andava in gita, se ne prendeva una grande, che potesse accontentare tutti, con il pane fresco di forno dove si ci fermava”. Oppure la Costea, un prodotto dimenticato, riportato a nuova vita. “Si prende la costa del maiale, la si svuota dell’osso, la si riempie con macinato di salame e pancetta e la si avvolge”. Il salame, oltre che con sale e pepe, viene frollato con vino rosso, rigorosamente della casa, il Carmenère, risorto dall’essere stato uniformato come Cabernet franc, che, con meno di un ettaro dietro casa, verrà imbottigliato a breve con etichetta dedicata ai genitori, Fausto ed Eugenia.

Altra chicca la Bondiola (un mix di musetto e lingua) “pensavamo fosse una tradizione romagnola, ma ho scoperto che la produceva anche qualche famiglia, qui nel mottense”.

Nella cantina di pochi metri quadri l’occhio viene calamitato da una creatura dalla pezzatura importante, tra i dieci e venti chili. “la chiameremo la Menegona, un omaggio alla nostra famiglia, i De Meneghi”.

Quando si dice che galeotta è la vita. Nei primi anni Pierluigi girava nei week end con la macchina carica di insaccati e non tornava a casa prima di averli piazzati da osti e trattori conseguenti. In una frettolosa pausa caffè a Zero Branco l’oste in sovrappensiero gli raccontò di un insaccato fatto con pancetta, costicine e carrè di maiale. Una maggiorata che, a confronto, Marylin Monroe era poca cosa. Detto fatto.

La Menegona svetta in bella vista, stagionatura a trentasei mesi. Il taglio inaugurale a primavera. Raccontate che ne avere letto su queste pagine per avere ingresso riservato ed esclusivo chez La Beccaria di Spresiano.

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