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I tortellini di Valeggio sul Mincio

di Enzo Gambin

Il Tortellino di Valeggio sul Mincio è l’erede di un’antica famiglia di paste all’uovo, lavorate a sfoglia e farcite con carni entro piccoli fagotti.

Una storia che iniziò nell’antico Oriente, quando lì l’uomo si diede a coltivare i cereali, ottenne la farina, la mescolò con l’acqua, la trangugiò e non ne fu soddisfatto; allora provò a cuocerla e risultò buona e gli diede il nome di “Kwehit”, una parola ora impronunciabile, che, per la primitiva lingua indoeuropea, aveva il significato di “Mescolata”.

Qualche millennio dopo, “Mescolata” si stabilì nell’antica Grecia, dove si face chiamare “πάστη”, Pàste, che significava: “Farina mescolata con acqua e sale”.

Quando “Pàste” volle attraversare il mare Ionio, si fermò prima nell’isola misteriosa e magica, selvaggia e carica di profumi della bellissima ninfa e dea Calipso, dove vi rimase molti anni, trattenuta dalla dea “Nasconditrice”, come la soprannominò il Pascoli.

Fortunatamente Pàste riprese il mare, approdò nelle coste italiane e raggiunse la grande città di Roma, presentandosi con il nome di “Pasta”.

All’inizio i cuochi romani ebbero delle difficoltà a lavorare Pasta e ridurla in strati sottili, ricorsero all’ora all’uso della “fistula”, in italiano “canna”, ma ora la chiamiamo “mattarello”. Nella lingua veneta, o dialetto veneto, il mattarello è però ancora indicato come “mèscola”, quasi a ricordare l’antica e orientale “Mescolata”.

Ad insegnare a fare la pasta sfoglia e il primo tentativi di produrre il Tortellino fu Marco Gavio Apicio, uno stravagante gastronomo del I secolo avanti Cristo, che nel IV Libro della sua raccolta di ricette “De re coquinaria” “L’arte di cucinare”, indicava «unum vero laganum fistula percuties, et superimpones», vale a dire, «per fare una sfoglie di pasta devi spianarla bene con la canna [mattarello] e stenderla come fosse una coperta».

Per il ripieno, Apicio proponeva: “ .. [Cuoci carni di maiale e selvaggina] Taglierai tutte queste cose diligentemente a…

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