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Il riscatto del Pinot grigio

di Nino d'Antonio

Accade spesso – e non solo nel mondo del vino - che gli esponenti più dotati si tengano lontani da incarichi di responsabilità nei vari organismi di categoria.

Abituati a lavorare bene, e sodo, avvertono di non poter fare altrettanto nel sociale. Di qui la rinuncia a tutto vantaggio di chi ha meno doti e meno prestigio.

Così sorprende – e non poco – che la recente istituzione (è del 2016) del Consorzio di Tutela Doc delle Venezie veda al timone un uomo di successo e un imprenditore con una larga esperienza alle spalle, ben oltre i confini delle proprie aziende.

Perché l’impegno su più fronti – al di là di ogni limite geografico – sembra essere connaturato ad Alvino Armani (storica famiglia di vignaioli, i primi documenti rimandano al 1607), cinque Cantine nel Triveneto, laurea in Agraria, amabilità e simpatia naturali, che si è fatto carico di un ambizioso progetto, piuttosto che cedere a una sofferta rinuncia.

Ma proviamo a vedere più da vicino la realtà e gli obiettivi dai quali è nato il Consorzio. Il quale punta su ben tre regioni – dalla Provincia Autonoma di Trento alle tre Venezie – tutte all’insegna di quel Pinot Grigio (oltre 25mila ettari), più un Bianco Doc delle Venezie, da un blend di vitigni non aromatici, come lo Chardonnay, il Garganega, il Verdicchio e il Muller Thurgau.

Il Consorzio è costituto da oltre quattrocento soci diretti, espressivi di circa una ventina di Cantine Sociali. Il che significa che siamo di fronte a un potenziale produttivo che supera i due milioni di ettolitri, con ben 170 milioni di bottiglie.

Ora, se si tiene conto della geografia del territorio e del frazionamento dei soci produttori, appare evidente che i processi di vinificazione vengono ripartiti e hanno luogo presso le varie strutture.

E qui scatta il primo impegno del Consorzio.

Che alla funzione sociale e di aggregazione delle varie realtà operanti sul territorio, aggiunge la gestione di un apposito organismo, impegnato a seguire e coordinare i…

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