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Turismo del vino in Italia

di M.M.

Per trasformare il vino in locomotore della ripartenza nelle aree interne c’è bisogno di formare gli addetti e qui entra in gioco il manuale «Turismo del Vino in Italia. Storia, normativa e buone pratiche», scritto a quattro mani da Donatella Cinelli Colombini e dal senatore Dario Stefàno. Quest’ultimo è autore della prima normativa sulla wine hospitality delle cantine italiane. Ecco che proprio il problema normativo è la prima emergenza: «A tutt’oggi solo 5 regioni, e la Toscana è stata la prima – ha detto Stefàno - hanno recepito il decreto ministeriale del marzo 2019 e consentono alle imprese del vino di accogliere i visitatori in piena ottemperanza delle leggi».

«Un ritardo che non aiuta in un momento in cui, viceversa, le occasioni da cogliere sono tante», ha aggiunto Donatella Cinelli Colombini qui in veste di ideatrice della giornata Cantine Aperte. «Le novità di quest’anno sono il boom di richieste di esperienze in cantina e la diffusione di una “wine hospitality ultra premium” che in Italia sfiora i 100 euro a persona e in USA arriva a 500 dollari. A questo si aggiunge un miglior uso di internet da parte delle cantine italiane che hanno imparato a censire e profilare i loro visitatori e i loro followers mettendo le basi dell’e-commerce aziendale. Se consideriamo che il prezzo medio cui vendono via Internet i produttori di Napa è 66,5 Dollari a bottiglia per un totale, nell’intera regione, di 1,7 miliardi, è evidente che gli spazi di espansione per le cantine italiane sono immensi».

Anche Giuseppe Festa dell’Università di Salerno, estensore del XVII Rapporto sul Turismo del Vino per le Città del Vino, evidenzia la forbice fra le potenzialità dell’enoturismo e la sua attuale realtà: «Per tornare ai 15 milioni di visite nelle cantine italiane, registrate nel 2019, bisognerà aspettare ancora due anni. Ma per arrivarci serve un piano straordinario di promozione nazionale del turismo del vino che tenga conto dei canali digitali». Una scommessa da vincere dunque nella quale la Toscana deve giocare il ruolo di capofila: «La regione italiana considerata più attrattiva per l’enoturista italiano è di gran lunga la Toscana (52,69%), che risulta la regione più attrattiva anche per l’enoturista straniero, con valori anche più alti (60,22%), soprattutto in ragione del fascino di quel contesto storico-artistico-culturale».

I dati che arrivano da Mediobanca, Sace e Ipsos, mostrano inoltre la forza attrattiva delle imprese del vino. Gli italiani in visita nelle cantine sono passati dal 29 al 36% del totale in un solo anno. La loro propensione allo shopping di bottiglie è aumentata di 7 punti percentuali riducendo il calo degli incassi delle cantine collegato alla mancanza dei turisti stranieri.

A confermare la volontà di giocare questo ruolo da “primo della classe” arrivano tre esempi di best practices: l’Assessore Alberto Tirelli del Comune di Siena con le “Cantine bike friendly”, Emanuela Tamburini presidente Movimento del Turismo del Vino Toscana con “Vigneti aperti” e Elena Roppa marketing manager e Donna del Vino con il progetto “Camper friendly”.

Tanti progetti e grandi aspettative e un solo “male oscuro” per le cantine turistiche italiane che offrono più o meno tutte la stessa cosa: visite con spiegazioni sul processo produttivo e piccola degustazione. Un problema serio che rischia di allontanare i veri wine lovers. Un segmento alto spendente attratto «più dal dove che dal come» nasce il vino e che amerà sempre di più i produttori capaci di dare un contributo alle comunità locali e interpretare le tradizioni e la natura con rispetto e creatività distintiva.

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