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Lo Champagne, parla Italiano

di Michele Scognamiglio

Quando si parla di bollicine di gran classe, non si può non ricordare il contributo di Pierre Pérignon (1638-1715) monaco benedettino dell’abbazia di Hautevilliers nei pressi di Reims, in Francia, passato alla storia, soprattutto a quella vinicola-spumantistica come Dom Pérignon.

All’epoca, tutti i re di Francia venivano incoronati a Reims e l’abbazia di Hautvillers dove svolgeva servizio il monaco con diversi incarichi, tra cui anche quello di curare le vigne e le cantine del monastero, rappresentava l’ultima tappa del viaggio.

Ai bottiglieri ed ai cantinieri del re, erano richieste particolari competenze, a corte non poteva mancare eccellente vino e per giunta bisognava sempre adoperarsi affinchè sulle reali tavole, si trovassero sempre produzioni uniche e di particolare raffinatezza. Pérignon con le sue idee assai innovative per l’epoca, rivoluzionò il modo di far vino ed aumentò notevomente la qualità di quelli prodotti nella regione.

Sua ad esempio l’intuizione di vinificare in bianco le uve del Pinot Nero, di potare le viti tenendole basse e con pochi grappoli di qualità, di eliminare accuratamente gli acini guasti dai grappoli, di proteggere l’uva durante le ore di sole troppo cocente.

Si deve sempre al Dom il suggerimento di pigiare l’uva in maniera delicata con una spremitura soffice, eliminando il mosto prodotto dalla prima e dall’ultima spremitura e tanto altro ancora che si è rivelato di straordinaria appropriatezza anche secondo le più moderne scienze enologiche e viticolturali. Il lungimirante monaco francese con le sue fortunate intuizioni che verificò personalmente, creò in maniera inconsapevole, le premesse per un mito indiscusso della cultura vitivinicola: lo Champagne.

In realtà Dom Pérignon non aveva alcuna intenzione di realizzare “bollicine”, ma piuttosto ottenere un vino bianco di altissima qualità da una selezione accurata di uve, quella che successivamente sarebbe diventata la cuvée. Vi riuscì perfettamente, tant’è che i…

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