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Adele, la regina della Sopa Coada

di Giancarlo Saran

In un tempo in cui c’è chi smanetta con creativa ambizione per raggiungere palchi di visibilità più o meno digitale, c’è ancora chi procede di sostanza e impegno quotidiano nella sua trincea del lavoro. Ve li dovete andare a cercare, perché loro viaggiano ancora sul passaparola di palati che badano al sodo, e se al piatto ancora meglio. Così si potrebbe riassumere l’avventura umana e professionale di Adele Zamuner e del suo Luigi Chinotto, la coppia titolare de Al Cacciatore, in quel di Zenson di Piave.

Un piccolo borgo di poco meno di duemila anime, posto sull’argine del fiume sacro alla patria, e quindi incrocio di storie e tradizioni diverse, di cui la stessa sopa coada, il loro piatto simbolo, ne è testimone.

I tavoli golosi ve li dovete cercare perché, quando varcate la soglia d’ingresso, vi accolgono da un lato il classico bancone del caffè e qualche ombra, dall’altro l’edicola, trincea dei pochi lettori cartacei resistenti all’era digitale.

Sullo sfondo la regina dei vostri sogni di gioventù, una SWM Six Days regolarità, l’alternativa nazionale alle più blasonate Ktm e Steyr Puch, fuoristrada da derapate e impennate a due ruote che Luigi ha tenuto vicino a sé, madeleine senza tempo, assieme a quelle Lancia, HF e Delta, che hanno fatto la storia dei rally, le cui foto occhieggiano alle pareti.

Poi c’è il focolare con lavagna associata e una frase che la brava Adele aggiorna in base alle ispirazioni quotidiane, tipo “un grammo di buon senso vale più di un quintale di parole”. Mangiate la foglia, perché questo è l’invito, neanche tanto subliminale, a papparvi tutto il resto che troverete nella sala due passi più in là. Il locale è piccolo, trenta posti o poco più, una sorta di piccola enclave golosa che, da un anno, Adele e il suo Luigi hanno deciso di tenere aperta solo la sera, l’accesso previa prenotazione indispensabile, anche perché il tutto esaurito è conseguente. La sua è una bella storia del nord est, frutto di passione e tenacia che sarebbe tanto piaciuta a Giorgio Lago.

I sogni di gioventù la vedevano ad aprire un piccolo negozio di bonboniere, che lei avrebbe confezionato su misura per le coppie avviate ad una vita di felicità, ma l’incontro con il suo Luigi cambiò tutto. Entrò nella squadra di cucina dove regnava Gina, la futura suocera. Cuoca vecchio stampo. Tasi e lavora. Adele imparava con l’occhio attento e autodidatta. Dopo un primo passo a verificarne le potenzialità servendo ombre e cappuccini viene promossa ai fornelli, dove, da sempre, si viaggia di trippa, faraona (non solo in salsa peverada), ragù ad alto tasso di selvaggina: lepri, cinghiali e quant’alto carabina dei cacciatori fornitori/clienti pro cacciavano per una tavola che, ovviamente, non poteva che chiamarsi “Al Cacciatore”.

La lancetta del tempo scorre inesorabile, Adele si è fatta le ossa. Gina le passa il mestolo di comando. Luigi prosegue il suo lavoro silenzioso, quinta colonna in sala ad assistere e fidelizzare una clientela che sempre più apprezza la loro cucina di resistenza e tradizione nonostante i nuovi orizzonti della nouvelle cousine, più o meno creativa. Adele si è formata sui fondamentali. Ancora adesso svettano i grandi classici di sempre. Dal Talismano della felicità di Ada Boni al Cucchiaio d’Argento per non dire dell’inossidabile Pellegrino Artusi e il suo “La Scienza in Cucina e l’arte di mangiar bene”. Adele sente viva la missione di tenere fede alla lunga tradizione di famiglia.

Si viaggia sicuri, in primis attraverso una attenta selezione dei fornitori. Ad esempio le farine di grani antichi per le tagliatelle rigorosamente fatte in casa provengono da un mulino fidato di Noventa di Piave. Il riso dalle mondine del vercellese. Per le frattaglie non c’è storia, el becher Pasqualinotto, di Jesolo.

Da queste basi nasce il risotto rosmarino e pancetta. Sull’orto ci pensa Luigi, con la filiera fidata dei piccoli orti delle famiglie locali. L’empatia con i palati fidelizzati è conseguente, con qualche paletto “Adele, tutto ottimo, torneremo, ma preferiamo non farti pubblicità, perché dopo vengono tutti”. Una sorta di stella (cometa) in pectore, quella del buon e curioso ritorno, magari per qualche nuova creatura da godere di papille. Scatta la molla conseguente.

Adele non ha mai avuto grilli nella testa, “ma volevo un piatto che sentissi mio, quello che rappresentasse le mie passioni, la mia storia”. Siamo ai confini tra destra e sinistra Piave, la sopa coada era conseguente. Sono note le due tradizioni, quella trevigiana, a trazione piccionesca, e quella mottense, a base di gallina o cappone. Nei ricordi della cucina di mammà Adele aveva quella con un piccione un po’ troppo invadente per i suoi gusti, e allora scatta la ricerca a quella piccola marcia in più che facesse la differenza. Si attiva il gioco di squadra.

Adele mette sul piatto il fagiano, ma bisogna capirne l’esatta dose q.b. La affianca il farmacista della porta accanto, Alberto Bocchi. Non fu facile trovare la perfezione dei suoi sogni, ma il bravo Bocchi, da sempre esperto di dosimetrie con il bilancino, la aiutò a trovare il giusto equilibrio, e da lì una quadratura del cerchio che Adele ha perfezionato a modo suo. Se siete mossi quindi da pulsioni di curiosità a dimensione di coada sopa dovete innanzitutto prenotare e specificare bene l’ora di arrivo, al massimo con il quarto d’ora di creanza. Minimo quattro palati, in quanto ogni preparazione viene pensata su misura per ogni tavolo. Le carni vengono rosolate in burro e trito di sedano. Nel brodo si usano anche carni di manzo, gallina, oltre a quelle di piccione, assieme a cipolla, sedano e carota. Il pane rigorosamente pugliese, con farina di grani antichi. Il passaggio in forno a gas per il tempo giusto. L’impiatto con alternanza di brodo, carne, pane ben rammollito e cosparso il tutto di parmigiano. Ne risulta uno straordinario pasticcio, provare per credere. Ovviamente, da Adele e Luigi, potete peccare di gola lungo un piacevolissimo “calvario” calorico che viaggia su terreni diversi in cui, per ogni piatto, si percepisce una ricerca attenta della materia prima. Le tagliatelle rigorosamente fatte in casa, con il ragù di selvaggina (anche i cinghiali foresti, dai colli bolognesi). Da sballo l’ossobuco, che se lo papperebbe anche il nonnino che non si ricorda più dove ha perso la dentiera. I suoi segreti Adele e Luigi se li sono andati a scoprire tra le crete senesi (“un piccolo passaggio in forno, così la carne si asciuga meglio”, poi la spadellata conseguente), dove periodicamente vanno a rifornirsi di olio e del pecorino di Pienza. Le trippe alla trevigiana manderebbero in visibilio i loro apostoli del tempo che fu, da Bepo Maffioli e Bepi Mazzotti. Sul pollo fritto non c’è storia, gusti che non provavi dai tempi delle elementari e di Mago Zurlì. Adele eclettica a tutto menù, suoi pure la crostata di ricotta e i biscottini del buon ritorno. Sui titoli di coda non può mancare la riflessione conseguente. Adele è persona solare, di una modestia tenace.

La sua una cucina schietta, con un sogno nel cassetto “mi piacerebbe poter curare un po’ di più la presentazione al piatto”, ma la rassicuriamo, il talento si percepisce, multisensoriale, alla vista, oltre che al gusto e all’olfatto. Potrebbe dare dei punti, per distacco, a tanti presunti aspiranti stellati. Oltre a questo lei e il suo Luigi sono un esempio ideale di gioco di squadra, al di là del legame nuziale che li unisce da sempre. Lei in cucina, lui in sala, senza marciare sugli allori, ogni giorno si guardano negli occhi, per vedere dove si possa migliorare, cosa si possa percepire dal detto o non detto della clientela fidelizzata, grazie anche all’aiuto dei loro figli, Alessio e Francesca, che contribuiscono, con un tocco di modernità, a tenere viva la tradizione di sempre.

 

AL CACCIATORE

Via Badini, 28

Zenson di Piave

Tel 0421 344 699

Apre la sera

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