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Una vendemmia di qualità

di C.V.

Una vendemmia 2020 con uve di ottima qualità, sostenute da un andamento climatico sostanzialmente positivo, che prefigurano interessanti aspettative per i vini provenienti da questa vendemmia. L’incertezza meteorologica legata anche ai cambiamenti climatici genera comunque apprensione e grande incertezze sulla tenuta qualitativa delle uve. Dal punto di vista produttivo si stima una quantità in linea con quella dello scorso anno, quindi leggermente inferiore alla media storica. Se infatti al Nord si prevede di stare nella media produttiva, al Centro-Sud alcuni fenomeni di stress climatico, seppur localizzati, possono causare un calo quantitativo. Caso a parte la Sardegna che lo scorso anno aveva visto la propria produzione fortemente ridotta a causa di un forte stress idrico e che invece quest’anno dovrebbe rientrare nelle medie storiche.

Dopo il ripristino delle riserve idriche dei suoli nella maggior parte dell’areale italiano per effetto di novembre e dicembre 2019 con piovosità generalmente abbondante, i mesi di gennaio e febbraio sono risultati molto miti e con precipitazioni scarse. Marzo ha invece goduto di una piovosità in genere abbondante e accompagnata da temperature nella norma, eccezion fatta per il brusco calo delle temperature registrato a partire dal 24 marzo a seguito di un’irruzione di aria polare continentale da Est, che ha prodotto locali danni da gelo anche sulla vite. Temperature miti e piovosità scarsa hanno caratterizzato aprile e maggio, mentre giugno ha presentato temperature lievemente inferiori alla norma con piovosità abbondante. Tali condizioni si sono mantenute anche a luglio al Nord per effetto del prevalere di un regime circolatorio atlantico, mentre scarsa è stata la piovosità al Centro-Sud. Agosto ha infine presentato temperature lievemente superiori alla norma nei massimi e nella norma nei minimi, cui si è accompagnata una piovosità generalmente scarsa, salvo eccezioni a carattere locale su Lombardia Centro-Orientale, Piemonte Sud-Occidentale, Marche, Salento, Basilicata e Calabria.

Tali condizioni ricordano le estati di fine millennio con limitati giorni caldo-afosi, in quanto, nonostante le temperature si siano mantenute alte, dall’ultima settimana di luglio si sono registrate ondate di calore, precedute da sporadici fenomeni temporaleschi. Questa situazione si è protratta per tutta l’estate, caratterizzata dall’anticiclone delle Azzorre, che ha limitato quello africano, che invece aveva stazionato nel bacino del Mediterraneo nelle ultime estati. Questo quadro porta con sé il rischio di infiltrazioni di aria più fresca, con possibilità di instabilità con piovaschi e temporali.

Dal punto di vista fitosanitario i vigneti si presentano sani anche se le precipitazioni degli ultimi giorni impongono un continuo monitoraggio da parte dei tecnici per valutare l’accrescimento dei grappoli e lo stato di sanità delle uve. Anche quest’anno la prima regione a staccare i grappoli è stata la Sicilia a fine luglio, seguita come da tradizione dalla Puglia e dalla Lombardia con la Franciacorta. Tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre, nella maggior parte delle regioni italiane si sono svolte le operazioni di raccolta per le varietà precoci (Chardonnay, Pinot, Sauvignon). Il pieno della raccolta in tutt’Italia si stima avverrà dalla metà di settembre in poi, per concludersi verso la fine di ottobre se non agli inizi di novembre con i conferimenti degli ultimi grappoli di Nebbiolo in Valtellina, di Cabernet in Alto Adige, di Aglianico del Taurasi in Campania e dei vitigni autoctoni sulle pendici dell’Etna.

Le previsioni effettuate a fine agosto - quando la quasi totalità dell’uva era ancora sulle piante - stimano la produzione nazionale di vino 2020 a 47 milioni di ettolitri, in lieve calo, quindi, rispetto ai 47,5 milioni di ettolitri del 2019 (dato Agea, sulla base delle dichiarazioni di produzione).

L’elaborazione di Assoenologi, Ismea e UIV fa infatti ipotizzare che la produzione di uva possa oscillare intorno ai 65 milioni di quintali che, trasformati, danno circa 47 milioni di ettolitri di vino, un quantitativo leggermente inferiore anche rispetto alla media produttiva degli ultimi cinque anni (- 4% se riferito alla media quinquennale 2015/2019 pari a 49,1 milioni di ettolitri di vino - dato Agea). Se i mesi di settembre e ottobre decorreranno positivamente, le stime qui riportate potranno essere confermate anche se a questo punto della campagna - con la vendemmia appena iniziata e un carico di incertezze maggiore del consueto - tale dato rimane indicativo, oscillando tra un’ipotesi minima di 46 milioni di ettolitri e una massima di oltre 48 milioni. Stimare la produzione di quest’anno è ancora più complesso rispetto al passato perché alla normale aleatorietà del decorso climatico di settembre si aggiungono tutte le incognite legate all’adesione dei produttori alla Misura della riduzione volontaria delle rese per le uve IG, una misura con un plafond di 100 milioni di euro, e alla gestione delle produzioni che ha portato molti Consorzi di tutela ad abbassare le rese massime da disciplinare. Volendo fare una sintesi rispetto alle diverse aree geografiche del Paese, si osserva una lieve ripresa al Nord (+3%), mentre Centro (-2%) e Sud (-7%) mostrano segni negativi. In alcuni casi le riduzioni delle produzioni sono dovute alla combinazione di eventi climatici avversi, quali l’eccessivo caldo e la mancanza di piogge nei momenti fondamentali per l’accrescimento dei grappoli, ma anche a scelte vendemmiali quali l’adesione alla riduzione delle rese. Il Veneto, in base ai primi dati rilevati, mantiene il primato e si consolida la regione italiana più produttiva con circa 11 milioni di ettolitri, seguito dalla Puglia (8,5), dall’Emilia Romagna (7,7) e dall’Abruzzo (3,4). Queste quattro regioni insieme nel 2020 produrranno circa 30 milioni di ettolitri, ossia circa il 65% di tutto il vino italiano. Al di là che la variazione generale sia con segno positivo o negativo, guardando fuori dai confini nazionali - dove le prime stime danno in crescita sia la produzione della Francia che della Spagna, portandole rispettivamente a 45 e 42 milioni di ettolitri - l’Italia ad oggi conferma la leadership tra i Paesi produttori.

In tutto il territorio italiano si registra una buona qualità delle uve. I grappoli sinora conferiti sono risultati sani, grazie soprattutto all’attenta gestione del vigneto da parte dei produttori e degli enologi. L’andamento climatico caldo temperato, senza eccessi di calore e non particolarmente piovoso, accompagnato da buone escursioni termiche tra il giorno e la notte, ha favorito una lenta ma graduale maturazione delle uve. I primi riscontri analitici evidenziano delle gradazioni medio-alte e un buon rapporto zuccheri/acidità, oltre ad un interessante quadro aromatico per le varietà bianche e tenori polifenolici medio-alti nelle uve a bacca rossa. Preludio di interessanti e ottimi vini. Il cambiamento climatico, che ci ha portato da un clima temperato ad un clima caldo arido, genera grande apprensione per i mesi di settembre e ottobre dove si conta di concentrare la vendemmia 2020. Sarà determinante per il successo di questa annata l’opera dei produttori e degli enologi, che, attraverso le proprie competenze ed esperienze, sapranno fare tesoro e valorizzare al meglio le uve che arriveranno nelle cantine italiane.

ll mercato alla produzione ha risposto alla crisi sanitaria ed economica con una certa stabilità, anche se le situazioni sono differenziate: i listini per le tipologie di vino e denominazioni maggiormente veicolate presso le catene della distribuzione moderna hanno tenuto anche nei mesi “cruciali” dell’emergenza; diversa la situazione per quei prodotti che sono maggiormente presenti sul circuito Horeca, che hanno visto cali della domanda nei mesi del lockdown, con diminuzione dei listini in seguito al mancato assorbimento degli stock in cantina da parte del mercato. Confrontando la campagna 2019/2020 appena conclusa con quella precedente (2018/2019), si osserva che per i vini da tavola si è registrata una crescita dei listini (+2,8%) a fronte di una flessione degli Igt (-3,6%) e delle Doc-Docg (-5,2%). Il mercato sarà chiaramente influenzato anche dallo stock di cantina: in attesa dei dati definitivi della dichiarazione obbligatoria delle giacenze, i dati del Registro telematico indicano che, al 29 luglio, nelle cantine italiane erano presenti 42 milioni di ettolitri di vino (+2% annuo) e 3,6 milioni di ettolitri di mosti (-6%). In calo gli stock dei vini da tavola (-5%, grazie alle forti richieste della Gdo sul segmento brik), mentre diversa la situazione per i Dop che hanno giacenze in aumento del 5% rispetto allo stesso periodo del 2019, una situazione che, al momento, non desta particolari allarmi visto il particolare contesto dovuto alla crisi sanitaria e considerato che le giacenze, a tale data, comprendevano ancora il vino destinato alla distillazione di crisi e che sarà consegnato alle distillerie nelle prossime settimane. Sul fronte del commercio estero, dopo la frenata di aprile (-9% e -10% a volume e valore su marzo) e di maggio (-15 a volume e -11 a valore su aprile) il dato cumulato dei primi 5 mesi del 2020 fa segnare una flessione dell’export di vini e spumanti italiani. Tale riduzione, grazie all’ottima performance dei primi tre mesi dell’anno, risulta tuttavia limitata a un -2,6% in volume e un -4% in valore, con flessioni superiori alla media soprattutto a carico dei vini Dop, spumanti compresi. Tra le destinazioni, l’Ue e i Paesi extra Ue fanno registrare entrambi una battuta d’arresto in valore di pari entità e in linea con la media (-4%). Le attese sono comunque di una sostanziale ripresa dei flussi, visti anche i dati di giugno, mese che ha fatto segnare per il totale agroalimentare un rimbalzo dell’3% dell’export in valore. Al di là del dato puntuale dei due mesi “epicentro” della crisi sanitaria, a preoccupare gli operatori sono i dati mondiali del commercio con l’estero che già da marzo avevano registrato una battuta d’arresto del valore che è si è consolidata nel secondo semestre soprattutto negli Usa, in Cina e Russia. Le più recenti elaborazioni statistiche evidenziano nel primo semestre una riduzione degli scambi mondiali a volume del 6% e dell’11% a valore rispetto allo stesso periodo del 2019, con netto peggioramento della situazione nel trimestre aprile-maggio, soprattutto sulla componente prezzi medi.

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