Salta al contenuto principale
loading

Sulle tracce del Pinot Nero

di Antonio Fabbro

Il termine “pinot” sembra derivare da “pigna”, e più specificatamente “piccola pigna”, a significare sia la modesta dimensione del grappolo, che la caratteristica di avere gli acini fitti, appressati, appunto come le squame di una pigna.

Tra tutti i vitigni a bacca rossa del mondo è considerato il più nobile ed elegante (l’unico confronto possibile è probabilmente quello con il Nebbiolo), e allo stesso tempo è il più difficile da interpretare, quello che pone l’enologo e il semplice consumatore di fronte alla degustazione forse più complessa. L’origine del Pinot nero viene posta nella regione francese Borgogna, dove è alla base dei più grandi vini della zona (e tra più famosi del mondo). E’ presente anche nella regione Champagne, soprattutto sulla montagna di Reims, ma il vitigno, col tempo, si è diffuso anche in altre regioni d’Europa, compresa l’Italia.

In Italia ne esistono due diverse qualità. La prima, caratterizzata da grappoli piccoli e compatti e da acini piccoli, è adatta a essere vinificata in nero e produce un vino rosso estremamente delicato, che varia considerevolmente di annata in annata persino nelle posizioni ad esso più adatte. La sua vinificazione è complessa e rappresenta forse la sfida maggiore per un enologo, che in genere riesce a ottenere in media una buona annata su cinque.

Il risultato è comunque talmente apprezzabile da giustificare gli sforzi dei produttori.

Il Pinot nero ha un colore rosso rubino, brillante nelle versioni giovani, più spento nelle vinificazioni “Riserva”. È riconoscibile dal profumo varietale di piccoli frutti rossi (soprattutto ribes, ma anche mora e lampone) e da un sorso di eleganza e bevibilità unica. Risultati notevoli si ottengono, come l’esperienza insegna, da invecchiamenti in Barrique.

Il “Pinot nero” dà i rossi più famosi del mondo, (quelli della “Borgogna”) e i bianchi spumanti ancor più famosi, (quelli dello “Champagne”). Diffusissimo in Francia, nelle zone citate, meno in Italia, dove però sta guadagnando posizioni.

Le zone più intensive sono: Oltrepo’ Pavese, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Veneto e, in minor misura, in altre zone. Diffuso anche in Germania, Svizzera, Argentina, Cile, ecc.

La versatilità di questo vino, sia vinificato in bianco, che in rosso, ha resistenza a lungo invecchiamento, la finezza della qualità, lo hanno senz’altro portato al primo posto nei vertici della classifica mondiale.

Lavorazione in rosso: per la produzione di rossi da lungo invecchiamento. In questo caso la lunga macerazione e l’elevata acidità fissa predispongono il vino alla lunga sosta in piccoli fusti di rovere. Da giovane il vino risulta impersonale anonimo.

Col passare degli anni si affina notevolmente, evolvendo le caratteristiche organolettiche in sfumature in cui spiccano il goudron, il legno bruciato, il sottobosco, il tartufo. E’ insomma un vino aristocratico da grandi intenditori.

Lavorazione in bianco: con questo sistema si preparano le basi per il più celebre spumante del mondo: lo “Champagne”. L’uva viene pigiata nel modo più soffice possibile; il mosto decolorato dalle tracce rosa, passa alla lunga fase della presa di spuma.

Certamente la grande classe, la fragranza del bouquet in cui spicca gradevole il profumo di lievito, ha fatto di questo vino il più famoso del mondo”.

E’ vino da carni, bianche e rosse, arrosto o con salse bianche o brune (in particolare pollame nobile).

q

Vuoi ricevere la rivista Taste Vin?

Scrivici