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Carote di tanti colori

di Enzo Gambin

Secondo alcuni autori la carota ha origini mediterranee, era utilizzata dai greci e dai romani, che la chiamavano “καρωτόν”, karotón, i primi e “carōta” i secondi. Assieme alla carota era pure utilizzata la pastinaca, entrambe avevano sapori simili; differenziavano i colori, violacea la prima, biancastra la seconda.

Esiste anche un dubbio sulle colorazioni della corata, questo viene da medico greco Pedanio Dioscoride, 40 circa – 90, che scrisse un importante studio “Sulle erbe mediche” e, in una riedizione del 512, intitolata “Il Dioscoride di Vienna”, si riportavano forme di carote bruno-violacee e aranciate, non è dato però sapere se fu il miniaturista dell’epoca, secondo una sua fantasia, a usare quest’ultimo colore o se esistevano davvero.

Che gli utilizzi in cucina tra carota e pastinaca fossero simili lo conferma anche Marco Gavio Apicio, I secolo a.C., il quale, nel suo “De re coquinaria”, una guida pratica di cucina, le trattò i due ortaggi stessa maniera, eccone la ricetta:

“Hortensis XXI

Cariote o Pastinache

Carolac seu pastinacae frictae oenogaro inferuntur.

Aliter — Carotas,.sale, oleo puro, et aceto.

Aliter — Carotas elixatas, concisas, in cuminato, oleo modico coques, et iuferes.

Cum inatum colora tum facies.”

 

“Carote o Pastinache

Le carote o le pastinache si servono fritte, con salsa acida.

Un altro modo è condirle con olio puro e aceto.

Oppure, lessate e tagliate le carote unisci a salsa di tomino con poco olio e servi.

Darai colore alla salsa.”

(libera traduzione)

Fu il medico greco Galeno di Pergamo, 129 –201, a distinguere le carote dalle pastinache, lo fece perché aveva la necessità di descrivere i due ortaggi con finalità mediche, classificazione rimase in uso solo per gli eruditi.

A interessarsi di carote fu pure Plinio il Vecchio, 23 - 79, agronomo e naturalista, il quale riteneva che fossero un toccasana per il funzionamento renale e per le infiammazioni dello stomaco, erano pure utili perché “contiene una sostanza da filtro amoroso, forse perché certamente come cibo stimola Venere. Alcuni hanno affermato che favorisce il concepimento”.

Sembra strano che un uomo di cultura come Plinio si sia soffermato su quest’aspetto poco scientifico, il fatto è che i filtri d’amore erano ben impiegati nell’antica Roma, per dissolvere le pene d’innamorati non corrisposti o per riaccendere passioni; erano chiamati “amatoria pocula”, ossia “tazze d’amore”. Attività peraltro vietata dalle antiche leggi delle XII tavole, V secolo a. C. e dalla lex Cornelia “de sicariis et veneficiis” dell’81 a.C.

Plinio consigliò la carota come “filtro” forse per far rispettare le leggi, ma è pure possibile che abbia letto l’“Ars amatoria”, “Arte dell’amare”, di Ovidio, 43 a.C. –17 o 18 d.C., autore che considerava i filtri de’amore velenosi e proponeva, per rinvigorire il furore amoroso, l’uso di erbe officinali e ortaggi.

Sembra impossibile, ma le credenze del binomio “carote concepimento” di Plinio perdurarono per molto tempo, tanto che, ancora nell’Inghilterra del XVI secolo, si raccontava “La leggenda del fiore di carota”, nella quale si dava consiglio che, per favorire il concepimento, la donna doveva cogliere un fiore di carota in una notte di luna piena. Era allora comune trovare signore che si adornavano i capelli con fiori di carota, in segno di buona fortuna e fertilità.

Le carote erano utilizzate, oltre che per consumo fresco, anche per realizzare delle composte colorate, così raccontava a metà Trecento Della Cornia Corniolo, perugino e possidente, con la passione degli studi agrari, la carota “arrossa le rape nella composta”.

A metà Quattrocento però si è ancora incerti e si confondono carote e pastinache, è il caso del Maestro Martino, 1430 -1500, cuoco e autore del “Libro de Arte Coquinaria”: “Pastinache grosse quadragesimale. Nettirale molto bene, et cavatene fora quello core (la polpa dura del centro), le farai allessare, et cotte che seranno le ‘nfarinarai molto bene, et poi le frigerai in olio”.

Nel Cinquecento si è più sicuri sui nomi e proprietà, tanto che il medico e botannico Castor Durante da Gualdo, 1529 –1590, precisa che le carote migliori devono essere grosse e dolci, mentre il suo collega Costanzo Felici, 1525 – 1585, aggiungeva che la carota ha un “ … suo bello colore vermiglio.”. cosa che è confermata anche da Giacomo Castelvetro, 1547 – 1571, nel suo “Brieve racconto di tutte le radici, di tutte l’erbe e di tutti i frutti, che crudi o cotti in Italia si mangiano.”, scriveva che le carote erano “rosse e gialle”.

Nei dipinti dell’olandese Pieter Aertsen, 1508 – 1575, e dello spagnolo Nicolaes Maes, 1634 – 1693, appaiono carote violacee e dorate, a significare che, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, si distinse e si consolidò il colore giallo aranciato.

Sull’argomento, a fine del Cinquecento, nacque anche la storia che gli olandesi iniziarono una rivolta contro la Spagna, guidata da Guglielmo d’Orange, che durò ottant’anni. Alla fine gli olandesi sconfissero e scacciarono gli spagnoli e gli Orange assunsero il potere. Gli ortolani olandesi, famosi per essere coltivatori di carote, per rendere onore e omaggio alla dinastia degli Orange, iniziarono a selezionare sementi di carote dal colore arancione e dal gusto più dolce e delicato.

Le carote viola e bianche diventarono sempre più introvabili e la carota arancione dominò il mercato delle verdure.

L’arancione era il colore associato alla vitalità e all’energia, però conteneva anche un aspetto negativo legato all’introversione e al disadattamento sociale.

Forse per questo la carota entrò nel romanzo “Pel di carota” del 1894, dello scrittore francese Jules Renard, 1864 – 1910, con protagonista François Lepic, un ragazzino difficile e con elementi di povertà morale.

Da qui, probabilmente, nacque il detto “Non essere terreno per carote”, a significare “non essere un racconta bugie”.

Forse questa visione della carota fu anche la base di un successivo binomio lessicale “Il bastone e la carota”, che esprime due opposti metodi di persuasione, “la durezza e la convinzione”.

Espressione usata nel 1943, da Sir Winston Leonard Spencer Churchill, 1874 –1965, quando affermò “We shall continue to operate on the Italian donkey at both ends, with a carrot and with a stick” che, per spingere l’Italia alla resa, si doveva continuare ad agire sull’asino italiano da ambedue le parti, con una carota e con un bastone.

A questa durezza ideologica tutta inglese, si contrapponeva una fantastica storia della Seconda guerra mondiale.

Alcuni scienziati britannici avevano inventato un nuovo tipo di radar, che consentiva d’individuare più facilmente le fortezze volanti tedesche. Il successo fu rilevante e la scoperta doveva rimanere segreta, così il Governo britannico sparse la voce che i soldati inglesi riuscivano a scorgere le sagome degli aerei nemici da molto lontano e di notte perché avevano migliorato notevolmente la vista mangiando tantissime carote.

Certamente i generali tedeschi non credettero a questa favola, però il racconto entrò talmente nella cultura dei britannici che, ancora oggi, incoraggiano i bambini a mangiare carote per avere una migliore visione notturna.

A proposito di bimbi, le carote sono entrate nella lettura infantile, leggera e gradevole, con “Piccolo Coniglio nella Valle delle Carote” di Anna Casalis e Silvia D’Achille del 2009.

“Piccolo Coniglio” è il racconto di un coniglietto che vive in una splendida valle, ha lunghe orecchie bianche e il naso rosa, è simpatico e ghiotto di carote.

Le carote sono ancora nel dodicesimo episodio del 2015 della serie animata “Masha e Orso” dove l’immancabile coniglio e sempre intento a rubare carote.

Mancava una canzone per le carote, ma ci ha pensato Emanuele Crisanti, in arte Nuela, con “Carote” diventata nel 2019 il tormentone di XFactor:

Carote, carote, solo carote

Le regalo a mio nipote, diventano banconote

Le scuote, le percuote

Cellule eucariote

Mica frigoriferi, parliamo di carote (sku)

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