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L’amore per la tavola del re delle cravatte

di Nino D’Antonio

“Potrei dire che fin da ragazzo ho avuto con pentole e tegami la stessa confidenza e frequentazione maturata con le sete e le cravatte, nella bottega di nonno Eugenio. Dove anche negli anni di scuola, passavo sempre qualche ora. Solo se conosci veramente qualcosa – mi ripeteva spesso il nonno - potrai amarla. Con la cucina, invece, il grande modello è stata mia madre. Il suo ragù cucinato il giorno prima, per non meno di otto ore, e destinato a condire gli ziti rigorosamente spezzati a mano, non aveva rivali”. Per Maurizio Marinella Cavaliere del Lavoro e monarca assoluto di quel regno delle cravatte che non ha confini - in entrambi i casi la conoscenza è memoria. Così, ai piatti storici di Napoli si affiancano i nomi dei grandi di mezzo mondo: Luchino Visconti (cravatte con fondo rosso o blu), Onassis (solo nere), Kennedy, Clinton, Juan Carlos, Agnelli, Alberto di Monaco. “Con alcuni di questi personaggi, da Moravia a Mimì Rea, m’intrattenevo spesso anche su argomenti di cucina. Quella tradizionale, s’intende, che a Napoli ha da sempre i suoi punti di forza nelle paste miste (con legumi, verdure, patate); nel baccalà fritto e poi passato nel pomodoro con olive e capperi; nella pizza ripiena di scarole.

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