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Prosciutto al Prosecco

di A.T.

A casa di amici, ho avuto il piacere di gustare questa sciccheria, da Guinness dei primati.

L’autore è un mio conoscente, Cesare De Stafani dell’omonimo Salumificio di Guia di Valdobbia-dene. Come risaputo, sono il direttore responsabile di questa rivista che, naturale anche per il sottoscritto, indugia su buon cibo e buon vino. Il profumo del piatto mi stava stuzzicando, ho sentito il desiderio di chiedere all’autore il metodo di preparazione di questa specialità dal gusto particolare, per renderne edotti i miei lettori.

Lusingato dal mio apprezzamento, Cesare De Stefani mi racconta, esaustivamente, iniziando con l’elencazione degli ingredienti: Coscia di maiale pesante italiano, sale, vino, prosecco nebulizzato in superfice.

Ma come è venuta l’ispirazione?

Un giorno, al termine del processso di imbottigliamento nella mia piccola cantina, rimasi colpito dal buonissimo, e intenso profumo di vino, che usciva dalle autoclavi nella fase di apertura. considerai che era uno spreco tutto quel buon profumo. riflettei su come poterlo catturare, anzi, a come “ recuperarlo”, visto che poi si sarebbe dissolto in aria.

Folgorato sulla via di damasco?

Contemporaneamente a questo pensiero mi affioro’ alla mente il ricordo di mio zio piero, -pietro geronazzo-, importante norcino dagli anni 50 fino agli anni 90, che con grande esperienza fatta nei salumifici locali, mi raccontava del loro fare i prosciutti, e i migliori poi affinarli per almeno un anno, nella cantina dove tenevano anche il vino, il prosecco, che in quegli anni era per il consumo prevalentemente locale.

Personaggio interessante, lo zio Pietro Geronazzo.

Ricordo che mio zio piero mi racconto’ anche che, appunto in quegli anni 60, alcuni imprenditori nel ramo della carne, avevano nei loro sogni il progetto di dar vita a un prosciuttificio ai piedi di valdobbiadene, lungo la sponda del Piave.

Idea valida, anche per la buona aria di quella zona.

Purtroppo poi non se ne fece piu’ nulla, ma immaginare oggi a valdobbiadene un’ economia di prosecco e prosciutto, credo sarebbe stato di grande interesse.

E quindi l’idea frullava in testa

Ho quindi immaginato che avrei potuto in qualche modo riprendere quel fare di cui mi era rimasto un vivo ricordo, e dar valore a tutto quel profumo, oggi ancor piu’ abbondante, se riuscivo in qualche modo ad utilizzarlo. pensai che se avessi avuto modo anch’ io di mettere dei prosciutti a stagionare nelle vicinanze, sicuramente si sarebbero arricchiti di fragranza, catturando il profumo del prosecco che si liberava nell’ aria circostante dallo svuotamento di vino dalle botti e dalle autoclavi.

E allora?

Acquisto quindi i prosciutti dopo una prima fase di breve stagionatura a circa 12 mesi, e poi li affino nella cantina, per almeno altri 12 /14 mesi; in qualche caso anche per oltre 18 mesi, un totale, comunque, di stagionature tutte oltre i 2 anni, e fino a 3 anni.

Insomma, ha praticamente dato seguito all’idea dello zio.

Non da ultimo, vorrei aggiunere che, in un ambiente non forzatamente climatizzato, gli stessi sbalzi termici e di umidita’ fanno ben “lavorare e maturare” la carne della coscia, rendendola morbida e vellutata alla masticazione.

Ma quanti ne produce?

Si tratta di poco piu’ di un migliaio di prosciutti all’anno, lavorati solo da suini pesanti italiani, che vengono stagionati in ambiente caratterizzato da profumo vinoso di cantina, e che vengono periodicamente spruzzati in superfice con vino prosecco, nei periodi piu’ asciutti. questa spruzzata si assorbe lentamente nella carne, a cui conferisce un delicato profumo. in qualche centinaio di questi prosciutti viene ulteriormente arricchito l’aroma, impastando della vinaccia con la sugna, spalmata poi sulla parte magra della coscia.

Grazie caro Cesare De Stefani, complimenti. mi auguro di poterlo gustare ancora il suo prosciutto!!!

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