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La patate dolce o americana

di Enzo Gambin

La batata, più conosciuta come patata dolce o patata americana, è diffusissima in Estremo Oriente e in America, e, pur avendo il nome in comune con la patata comune, è botanicamente diversa lei è una convolvulacea, l’altra è una solanacea.

La patata dolce ha origini nell’America centrale, forse meridionale, lì presente da almeno 5.000 anni, poi si estese nell’America del Sud forse dalle popolazioni caraibiche prima dell’arrivo degli europei.

Quando i marinai al seguito di Cristoforo Colombo, casualmente sbarcarono nei Caraibi 1492, ebbero anche loro modo di assaggiare. Assieme alle patate comuni, anche quelle dolci e, quando ripartirono, ne fecero delle abbondanti provviste.

Confusione tra specie che perdurò per oltre un secolo.

Era il gennaio del 1502 quando i Portoghesi ritornarono con le loro caravelle nella Baia di Guanabara, ora Rio de Janeiro, al comando, vi era il capitano Gaspar de Lemos, ritrovarono le patate dolci e si diede così il via a trasportarle prima nelle isole Azzorre, dove i coloni portoghesi erano impegnati a preparare i terreni di queste nuove terre per le coltivazioni, rimuovendo la boscaglia e le pietre, programmando di piantare grano, vite, canna da zucchero e altre piante idonee all’uso locale.

La coltivazione passò poi a São Tomé è un’isola del Golfo di Guinea nell’Oceano Atlantico, da qui, nel continente africano, dove si diffuse rapidamente.

Un’interessante testimonianza della patata dolce ci viene da un’opera francese “Les singularitez de la France antarctique”, “Le singolarità della Francia Antartica”, pubblicato nel 1558, scritta dal padre francescano francese André Thevet, 1516 – 1590. Padre André partì nel 1555 con l’incarico di cappellano al seguito dal viceammiraglio Nicolas Durand de Villegagnon, 1510 – 1571, il quale, su ordine del re di Francia Enrico II di Valois, tentò di costruire una colonia australiana nella “Francia antartica”, nome che fu dato a questo fallito insediamento francese nella piccola isola di Serigipe nella baia di Guanabara, dove costruirono un forte, Forte Coligny, che cadde nel 1567.

Padre André, nella sua qualità di missionario e studioso, interrogò e descrisse i nativi della popolazione Tupinamba, acquisendo da loro una mitologica narrazione della patata dolce: “Se parliamo a loro di Dio, come ho fatto molte volte, e li ascoltiamo attentamente, essi raccontano che Dio è un Profeta e a loro ha insegnato a piantare delle grandi radici, che chiamano hétich. Questi sostengono che i loro padri, prima della conoscenza di queste radici, vivevano come gli animali, mangiando solo erba e radici selvatiche. Nel loro villaggio si presentò allora un Profeta, il quale, volgendosi a una fanciulla, le diede delle grosse radici. A questa il Profeta insegnò come propagare le hétich, tagliando i tuberi a pezzi, ponendoli sotto terra con la parte della buccia rivolta verso l’alto e, da ogni pezzo, si produceva una piantina. Da allora, da padre in figlio, si è continuato a coltivarle le hétich in questo modo e la coltura è riuscita tanto bene che ora si ha prodotto in abbondanza e non si mangia altro, questo è il nostro pane.”

Le attività commerciale del Portogallo cin l’isola di Formosa fecero si che già alla fine del Cinquecento fosse qui presente, per poi passare agli inizi del Seicento sono nell’India meridionale e nel regno di Ryukyu, l’odierna Okinawa, in Giappone, poi in Cina e, nel 1764, giunse in Corea. In Giappone la patata dolce divenne ebbe subito un immediato successo, perché andava a sostituire il riso durante i periodi di carestia ed era uno dei cibi alla portata della popolazione più squattrinata, come ad esempio gli studenti universitari.

Uno dei cibi più alla portata delle popolazioni più squattrinate, come potevano essere gli studenti universitari, tanto che, ancora oggi, le patate dolci sono chiamate daigaku-imo, le patate dell’Università, “daigaku” significa università e “imo” patata.

Carl Nilsson Linnaeus, chiamato Carlo Linneo in italiano, 1707 – 1778, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nel suo “Species plantarum”, “Specie di piante”, del 1753, identificò la patata dolce come “Convolvulus batatas. In seguito, Jean-Baptiste Lamarck, 1744 – 1829, naturalista, zoologo e botanico la riclassificò come “Ipomoea batatas”.

La patata dolce arrivò in Italia intorno al 1630 e, per molto tempo, rimase confinata come curiosità botanica, fino ai fino ai primi decenni dell’Ottocento, quando fu proposta come una possibile utilizzazione nell’alimentazione umana e animale.

Carlo Amoretti, 1741 – 1816, sacerdote, raggiunse una particolare competenza nel campo delle scienze agrarie ed economiche e s’interesso anche della patata dolce, nei suoi scritti su “Della coltivazione delle patate e loro uso” la descrive così: “Il Conte di Mnilzech nelle Memorie della Società di Berna dell’Anno 1764 Part II, pag. 5 distingue il Tompinambus, o Topinambus dalla Patata. L’una e l’altra (dic’egli) sono piante tuberose, ma sono differenti nel gambo, nei fiori, e nelle foglie. Quello del Topinambus è grosso, legnoso, diritto, e alto da sei fino a dieci piedi, e quello delle Patate è molle flessibile, alto due o tre piedi nel suo vigore, e corcato nell’Autunno. Il Topinambus portano fiori gialli radiati come il Girasole; le Patate bianchi o gridellini secondo le specie ; ma tutti di forma e guisa di campanella. Le foglie dei Topinambus escono dal gambo, sono lunghe targhe appuntate tagliate profondamente; quelle delle Patate carnose flosce d’un verde biancastro. Finalmente i Tubercoli di questo sono ineguali nodosi, fuori rosseggianti, bianchi al di dentro, fragili, d’un gusto dolce simile al Carciofo. Il Tourneford lo mette in quella specie che chiamasi Corona Solis; i tubercoli delle Patate hanno la pelle sottile liscia e dolce, sono farinosi, e al gusto si avvicinano alla Castagna.”

A interessarsi nel Veneto fu l’abate Angelo Franciosi, che, nella sua opera di “Iconografia botanica raffigurante le piante che crescono spontanee in Veneto, nel litorale e piante ornamentali o che si coltivano negli orti”, 1805-1822, al secondo volume dell’opera presenta la patata dolce.

Ciro Pollini 1782 - 1833, medico e botanico lombardo, vissuto a Verona, nel suo “Catechismo agrario”, edizione Verona 1819, riporta: “Non fo parola del vilucchio batata o patata dolce o batata (Convolvulus Batatas), perché non lo reputo da introdurre nella nostra agricoltura come troppo delicato.”.

Di parere contrario era un altro medico e botanico padovano, Giuseppe Antonio Bonato, 1753-1836, Prefetto dell’Orto Botanico di Padova, il quale proponeva la coltivazione della patata dolce nelle province di Padova, di Rovigo e di Venezia.

Nel 1853 troviamo che il parroco di Anguillara Veneta don Isidoro Piovan, ne coltivava circa un campo padovano.

Con probabilità a dare un impulso alla piantagione fu la nobile famiglia veneziana dei conti Donà delle Rose che, nel 1880, posero a coltura la patata dolce nella loro tenuta di Trona, a San Martino di Venezze, nel rodigino, e, da qui, la sua diffusione nei vicini comuni di Anguillara Veneta, Boara Pisani, Stanghella, Solesino e Pozzonovo.

La coltivazione si consolidò maggiormente ad Anguillara Veneta, forse a seguito del rientro in paese dei primi emigrati in Brasile che si misero a coltivare piccoli appezzamenti di terreno e, per distinguerla dalla patata nostrana, fu nominata “americana” o “mericàna”. Dal 2014 il comune di Anguillara Veneta ha istituito la certificazione De.Co., denominazione comunale, “Patata americana dolce di Anguillara Veneta”.

Una curiosità poco nota, la patata dolce è una pianta naturalmente transgenica, è un OGM, organismo geneticamente modificato. Cosa è successo, qualche migliaio di anni, dei batteri patogeni del genere Rhizobium, per sopravvivere loro stessi all’interno di queste patate ne hanno modificato il DNA, creando pure delle caratteristiche positive anche noi, come potrebbe essere il gusto particolarmente dolce, che ora noi assaporiamo quando le mangiamo.

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