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La storica Trattoria "Al Pestello"

di Giancarlo Saran

Carta canta e, se ha il mestolo intonato di Elena, non c’è storia. Siamo a pochi passi dalla basilica palladiana, in piena Vicenza downtown. Contrà Santo Stefano è una di quelle viuzze un po’ appartate che recitano secoli di storia. Una storia un po’ particolare quella de Al Pestello. Il claim (molto) vintage recita bottega storica dal 1910. Trattoria di lungo corso ha ancora le stigmate di una storia d’antan che può sviare la curiosità dei palati golosi alla perenne ricerca di placare irrefrenabili pulsioni golose. Sul web vi è un’antica scheda che dice poco o nulla. Alla carta l’orgoglio identitario recita le pietanze nella lingua di Goldoni, con flessione berica. Se avete qualche dubbio vi illuminerà la cortese traduzione bilingue anglo-francofona. Insomma, al momento di varcare la soglia vi aspettate scenari alla Mario Soldati, con il gestore che si aggira burbero tra il tovagliame a proporre piatti ripescati direttamente dalle pagine di Pellegrino Artusi. E invece niente di tutto questo. Sta qua la sorpresa. Ma siamo solo all’inizio. In realtà la proposta del menù goldoniano è pura proforma. E’ vero. C’è il bacalà à la vicentina, e “ghe xè anca” l’agnello veneto “cusinà con un fià de calor”, ma quando vi si presenta il bravo Riccardo Martinelli, maitre e sommelier di rara passione, si aprono scenari di tuttaltro spessore. In sostanza, vi troverete davanti ad un menù in diretta, proposto in italiano corrente. Una sorpresa dopo l’altra, dove colpisce, via via, l’indovinato equilibrio fra tradizione e modernità, senza alcuni birignao futuristi. Ecco allora delle intriganti trippe fritte (in farina di riso), croccanti q.b. che meritano di essere inserite senza appello in un’ideale frattaglialonga del terzo millennio. Da allappo complice l’insalata di lingua con pere, marmellata delle medesime e radicchio trevisan. Intriganti e al volo i bignè baccalanti. Ma siamo solo al riscaldamento di papille. Si entra in coppia di cilindrata gastrica con i tortelli di rape rosse al baccalà, radicchio in resta. Mondatevi la coscienza pappandovi il radicchio e concentratevi sui tortelli. Lieve pressione linguo.palatale ed è un’esplosione dei sensi. Il bacalao vi si sparge inondandovi di puro piacere orale. I ferormoni (calorici) a mille. Immaginate di avere davanti a voi una Monica Bellucci qualsiasi e il quadro è completo. Il segreto sta nel baccalà mantecato con pazienza lungo un arco di 48 ore. Vi si insinua il sospetto che deve esserci un mestolo illuminato in sala fuochi. Ma i fuochi d’artificio devono ancora arrivare, al piatto, quelli con Monica sono affare vostro. Filetto di maiale con cioccolato bianco e pistacchi. Quando Riccardo ve lo propone con l’occhio sulle ventitrè pensate, per un attimo, di essere a scherzi a parte, con l’immancabile Staffelli dietro l’angolo. E, invece, non ce n’è per nessuno. Frollatura e sostanza suina vanno in lambada multisensoriale con tutto il resto. Da applausi. Al dessert inserite la marcia di riserva con un intrigante tartufo al cioccolato farcito di nocciola, il tutto abbellito da pasta nocciolosa e crema pasticcera.

Chiedere di poter omaggiare tanto inaspettato talento è conseguente, ed ecco che vi appare quella fanciulla vista entrare all’inizio dello spettacolo con fare da apprendista in prova. E’ lei, Elena Carta. Segnatevi il nome. 29 anni. Il suo debutto tra i banchi degli studi classici, intenta a tradurre Omero e, vuoi mai, quell’Apicio dell’arte coquinaria che lei mai avrebbe immaginato, dedita poi a percorsi di accademia economica. Ma lavorare nello studio del commercialista la faceva sentire fuori posto, senza sapere quale altra location le avrebbe riservato il destino. Poi viene a mancare lo zio (lo storico titolare del Pestello) ed Elena molla i bilanci di gestione e si immerge in un altro mondo, fatto di pentolame, fiamme in saor e tanta fatica. Ma ci riesce, con quel talento naturale che è dono di pochi. Se poi abbinato ad un sorriso disarmante e due occhi calamite gentili il quadro è fatto. Elena, con il suo Riccardo, esercita tra queste pareti dal 2016. Nessun pedigree stellato, tutto frutto di studio, passione e tanta grinta. Esercita nel suo piccolo regno di pochi metri quadri. I vari attrezzi acquistati, con orgoglio, uno alla volta, come quando ci si costruisce la propria casa, arredata dei propri sogni, resi realtà, pezzo dopo pezzo.

Una storia esemplare, con la forchetta di Cupido che vi colpisce al cuore come rare volte. Eppure, nelle vostre indagini inziali di Poirot golosi, mai avreste immaginato, con quel sito anni’90, Il menù da calle veneziana all’ingrosso, seppur con logistica berica. Elena non la vedrete mai sui circuiti della cucina catodica dei vari master so tuto mi. Andatela a trovare casa sua. Ne diventerete dipendenti.

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