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Dualitudine il romanzo di Marco Reginelli

di Nino d'Antonio

Quarantanni non sono pochi, nè tanti. Dipende da come sono stati vissuti. Specie se ad andare indietro, ti ritrovi ragazzo, a mezza strada fra il bambino e l’adolescente. Che vuol dire con l’irrequieta fantasia del primo e le fresche ambizioni del secondo.

E’ il caso di Marco Reginelli. Per il quale, il terremoto dell’Ottanta nel Sud d’Italia diventa il pretesto per rivivere una tragedia. Siamo in quella periferia di Napoli est, dove è nato e fermenta da sempre il quartiere di San Giovanni a Teduccio, “un girotondo di bellezza e nausea che ipnotizza i sensi”.

I protagonisti del romanzo hanno tutti più o meno la stessa età. E come in ogni gruppo che si rispetti hanno due precisi riferimenti: un capo e un abituale punto d’incontro. Che, nel nostro caso, assomma in sé i caratteri più veri del territorio. Specie per quanto riguarda gli abitanti, tutti legati da un comune sentire, che in apparenza li uguaglia, ma in effetti ne sottolinea e scandisce le inevitabili diversità.

Ed è questo il terreno che fa di Dualitudine – edito da Rogiosi - la seconda prova di Marco Reginelli. Siamo a un genere di narrativa che non concede scelte. O l’angolazione è quella giusta, dove le singole testimonianze trovano la loro voce nel coro, o si è purtroppo fuori registro. E qui direi che Marco ha dato il meglio di sé, realizzando un piccolo capolavoro. Ovvero, un racconto nel quale le figure di contorno (mamme, zie, nonne, padri americani in fuga) assumono una sicura rilevanza. Tale da costruire – attraverso una rosa di dettagli in apparenza trascurabili – la struttura portante del romanzo.

A partire da Capa Ianca, leader del gruppo, che preferisce l’italiano al dialetto, e che insegue un’assurda vendetta nei confronti di San Giovanni, che – a dispetto della fede e degli onori che gli sono stati sempre tributati – non ha protetto il quartiere dal terremoto. Ma Capa Ianca si ritroverà qualche anno dopo a fare il corriere della droga, fino a pagare con la vita la scelta…

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