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Valeriana, la pianta del pifferaio magico

di Enzo Gambin

La valeriana è sempre stata considerata una pianta magica, protettiva contro i fantasmi, i fulmini e la stregoneria, in breve, un’erba scacciadiavoli.

Ampiamente impiegata nel Medioevo, la valeriana fu caricata di significati e simbologie mistiche per limitare i poteri di quelle streghe che controllavano la fertilità della terra, la riproduzione del bestiame, i cicli meteorologici.

Il nome valeriana proviene da un tardo latino, probabilmente unito alla Pannonia Valeria, provincia romana nell’Ungheria occidentale, creata nel 298 dall’imperatore Diocleziano, dove cresceva abbondantemente; altri lo connettono al termine latino “vălĕo”, “sono in buona salute”, per la virtù medicinali della pianta.

La valeriana era la pianta dedicata a Baldur, dio nordico della luce, figlio di Odino e Freya, amato dagli dei e dagli uomini, riusciva ad incantare il popolo con la sua bellezza e con la forza ammaliante della pianta.

L’uso della valeriana come erba medicinale è descritto già nel IV secolo a.C. da Ippocrate, padre della medicina moderna, conosciuta come di “ήταν”, “étan”, con il significato di “fu”, parola che, nel greco antico, può assumere diversi significati secondo specifici contesti.

Dioscoride Pedanio, 40 – 90, medico greco, la raccomandava come diuretico e antidoto contro i veleni. Plinio il Vecchio, 23 - 79, agronomo e botanico, la considerava un analgesico e tranquillante, mentre Galeno di Pergamo, 129 –201, medico la prescriveva come decongestionante e per il trattamento contro l’insonnia.

Già nel XII secolo la mistica badessa ed erborista tedesca Hildegard von Bingen, 1098 – 1179, nel suo lavoro “Liber Simplicis Medicinae”, “Libro della medicina semplice”, nel descrivere un’ampia gamma di malattie e di applicazioni delle piante in ambito medicinale, raccomandava la Valeriana come tranquillante, perché migliorava la qualità del sonno.

La valeriana entrò nei racconti che fa parte del patrimonio culturale della Bassa Sassonia, per i fatti accaduti…

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