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Valorizzazione delle tradizioni e vento di cambiamento

di Silvia Allegri

Una candidatura a Patrimonio Immateriale dell’Unesco per la messa a riposo, un trend che va nella direzione di un cambio stilistico premiando eleganza e leggerezza, la tutela del territorio con l’aumento della viticoltura biologica. Tira un vento di cambiamento tra le terre del Valpolicella, in un delicato equilibrio tra la tradizione e l’innovazione, con una fetta di giovani produttori sempre più rappresentativa, pronta a farsi carico di una preziosa eredità.

19 comuni, inclusa Verona, oltre 30mila ettari di superficie di cui oltre 8500 vitati, più di 2200 viticoltori, 6 cantine sociali, oltre 300 imbottigliatori, 4 tipologie di vini di espressione del territorio nel disciplinare della Denominazione. Questi sono solo alcuni numeri riguardanti la Valpolicella, che continua ad avere un ruolo da vera regina nel panorama del vino italiano, europeo e mondiale e gode, anche in tempi complessi e di grandi sfide di fronte al cambiamento climatico come quelli odierni, di ottima salute. A raccontare i trend che interessano oggi la Doc e le sue terre, che dal lago di Garda arrivano ai confini con il territorio vicentino attraversando Verona in un saliscendi che porta le viti dai 30 ai 750 metri s.l.m., è Christian Marchesini, presidente del Consorzio di Tutela Vini Valpolicella. Che sottolinea le diverse anime della denominazione, oltre agli obiettivi ambiziosi a breve termine: “Il passato e la tradizione continuano a essere il nostro punto di forza, tanto è vero che proprio in questo periodo è in corso l’iter per la candidatura della tecnica dell’appassimento delle uve a Patrimonio Immateriale dell’Unesco, la cosiddetta messa a riposo, che in Valpolicella ha saputo esprimere le sue massime potenzialità. Di cosa si tratta? In settembre si raccolgono le uve migliori che vengono collocate in cassette o sulle arele, i graticci, e messe a riposare nel fruttaio per 90 giorni. Alla fine del percorso di appassimento l’uva avrà perso circa il 30 per cento del peso, e sarà aumentata la concentrazione di zuccheri, che consente di ottenere i due principali vini della denominazione, Amarone e Recioto. Oggi, grazie anche alle scuole agrarie di San Floriano, nuovi mezzi e conoscenze scientifiche consentono di migliorare queste antiche consuetudini. Si tratterebbe comunque del primo caso al mondo di riconoscimento a patrimonio di una tecnica enologica che si tramanda di generazione in generazione, diventando un punto di incontro e un fil rouge che lega nipoti e nonni. Non c’è da stupirsi, a questo proposito, se oggi assistiamo a un numero crescente di giovani produttori, la cui presenza nel Consorzio è molto importante, per le spinte verso un miglioramento costante delle tecniche. Ma anche una tutela maggiore della terra, testimoniata nel nostro caso dal fatto che la certificazione Sqnpi, Sistema di qualità nazionale produzione integrata, è in continuo aumento. Un impegno, questo, che il Consorzio ha sempre incoraggiato, partendo dal presupposto che l’eccellenza nella bottiglia passa attraverso la sostenibilità e il benessere della vigna. Una tutela ambientale che è un atto dovuto nei confronti dei nostri nonni, che hanno comprato queste terre e le hanno salvaguardate per decenni per poi trasmetterle ai più giovani”.

 

INCONTRO AL GUSTO CHE SI EVOLVE

 

E a proposito di giovani consumatori di vino, in costante aumento, nelle cantine ha un peso sempre maggiore la nuova tendenza globale che vede il wine lover andare sempre più spesso alla ricerca di vini eleganti e sottili. Insomma, la concentrazione che andava per la maggiore alla fine degli anni ’90 con vini ad alta gradazione alcolica, impegnativi nel gusto e spesso quasi proibitivi economicamente, lascia lo spazio oggi a una maggiore leggerezza, che regala al calice anche, inevitabilmente, un’ampia versatilità. Ecco, allora, riaffacciarsi all’orizzonte e sulle tavole il Valpolicella Doc Superiore, la tipologia che in questo momento storico è di sicuro la più adatta a incontrare il favore degli amanti del vino di tutte le età. E il Consorzio spinge in questa direzione, su due fronti. Da un lato l’intento è quello di rafforzare l’identità del Valpolicella Superiore, presentandone al consumatore un’immagine coerente, puntando sulla leggerezza e la schiettezza di un vino altamente identitario e da sempre presente sulle tavole di chi lo produce, simbolo insomma di una civiltà contadina autentica e custode della tradizione. “Incontrando i produttori che aderiscono al Consorzio ci teniamo sempre a raccontare questa tendenza, la ricerca cioè di una maggiore freschezza”, racconta Marchesini. “Abbiamo la fortuna di avere già in casa il prodotto perfetto che risponde alle nuove esigenze dei consumatori. Non resta quindi che tornare alle origini, alleggerendo un vino che resta comunque iconico delle nostre terre. Lasciando potenza e forza a Ripasso e Amarone, per ritrovare una bevibilità semplice e in ogni caso ricca di personalità e fascino”. Dall’altro proprio questo rosso, la cui produzione non a caso è in continua crescita nelle aziende del consorzio, si presta ad abbinamenti inediti, dalle ricette della laguna e del lago a base di pesce, al finger food delle cucine fusion, fino ai piatti della tradizione a base di verdure, che puntano su profumi e grande freschezza, e può essere consumato anche nei mesi più caldi dell’anno, giocando sulle temperature e sui prodotti di stagione. Ne è la prova Venezia Superiore, l’evento che l’anno scorso ha visto il Valpolicella sbarcare in laguna in piena estate, con una masterclass per giornalisti e un walk around tasting per gli amanti del vino.

 

VALPOLICELLA DOC SUPERIORE, UNA CARTA DI IDENTITA’

 

Corvina, Corvinone e Rondinella, prima di tutto. E poi, in misura minore, altre uve, che si affiancano a queste autoctone alle quali si deve la fama della Doc in tutto il mondo. All’interno della denominazione il Valpolicella è il vino che si consuma prima degli altri, ottenuto dalla classica vinificazione in rosso e da un breve affinamento. Vivace e fresco, è pronto ad accompagnare l’intero pasto, oggi come in passato. La tipologia Superiore è ottenuta da uve scelte dai vigneti migliori, spesso con leggeri appassimenti che conferiscono al vino una struttura più sostenuta. Prima di essere immessa sul mercato la bottiglia deve invecchiare almeno un anno.

Il Valpolicella si caratterizza per il suo inconfondibile sentore di ciliegie e mandorle amare, ma si presta a sorprendere sempre chi lo degusta. La ragione sta nella considerevole varietà di terreni dell’area della Doc, con oltre dieci vallate e suoli di matrice calcarea, terreni alluvionali di progni e del fiume Adige, matrici vulcaniche. Elementi, questi, che uniti alle differenti esposizioni e altitudini, e allo stile enologico di ogni cantina, contribuiscono a proporre vini dalle diverse sfumature.

Si nota poi un elemento interessante nella suddivisione delle denominazioni: il primato del Valpolicella Doc, classico e superiore, va alle aziende più piccole, dove si tocca e si supera il 33% dell’intera produzione in cantina.

 

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