Mikaya Petros: l'arte come codice genetico
di A.L.
Un dialogo sospeso tra pittura, memoria e metamorfosi.
«A quattro anni mio padre mi prendeva in braccio per farmi leggere il paesaggio con gli occhi del pittore: "Lì metti i bianchi, in quelle ombre ci metti tutti i colori insieme, perché il nero non esiste"», racconta Mikaya Petros, artista di respiro internazionale. Un’infanzia segnata dal profumo della carta grezza, dalle mani affondate tra le strisce di scarto della tipografia paterna, dove prendevano forma i manifesti di mostri sacri come Magritte, De Chirico, Andy Warhol.
È proprio Warhol uno degli incontri cruciali della sua formazione, conosciuto grazie al padre, che ne disegnò il celebre manifesto per la mostra dell’Ultima Cena.
Il legame con la materia e con la luce resta un nodo centrale nella sua poetica. «Dipingo uno spazio intermedio tra il prima e il dopo, tra la parola e il silenzio magico, con lunghe linee oblique che derivano dalla mia passione per la fotografia. Il colore per me è un amplificatore vitale dei nostri fotorecettori», spiega l’artista, che lavora principalmente con l’olio, pur non disdegnando sperimentazioni con nuovi materiali, in una sorta di estensione spaziale della propria ricerca.
Il suo stile, definito "figurativo astratto", vibra di simboli, sogni e metamorfosi.
Figure dai volti iridescenti emergono da paesaggi interiori, creature che sembrano raccontare ciò che non è mai stato detto: bocche socchiuse, schiene appena curve, occhi che guardano altrove. «I miei personaggi si muovono in una dimensione parallela, narrano l’invisibile», dice Mikaya.
Il suo immaginario, tra Hellenismo e visioni nordiche, si fa eco del tempo presente, filtrato attraverso una sensibilità che fonde reale, virtuale e metafisico.
Petros non è solo pittrice.
Ha lavorato anche nel mondo della produzione video e digitale, portando nella sua arte una stratificazione di linguaggi
«Dipingo come se cantassi sotto la doccia in una giornata di sole», sorride Mikaya. Un gesto istintivo, necessario, urgente. Come la sua arte, che riesce a raccontare un altrove senza tempo, vibrando in ogni pennellata, ogni carta, ogni sussurro.
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