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Nel nome del vino

di Ulderico Bernardi

Gran festa a Verona per Vinitaly. Espositori a migliaia. Lustri di bottiglie e golose lusinghe di assaggi. April! Che impromessa – cantava Berto Barbarani – de fiori e de fruti.../ El g’à una caressa,/ un baso per tuti Almeno in questo nostro emisfero, dove la primavera sboccia e fa colorita mostra di se nell’offerta di vini d’ogni dove sugli scaffali della mostra internazionale in riva all’Adige. Ma la giostra dei vigneti gira su tutto il mondo. Se qui riluce di buone bottiglie pronte a farsi scorta per un sapiente avvenire; diecimila chilometri distante e più, di là degli oceani, le viti si spogliano e nelle città che hanno vocazione rurale si stanno celebrando le feste dell’uva. Così a Caxias o a Garibaldi, nel Rio Grande do Sul. Terra brasiliana sorta dai trapianti di genti venete. Lombarde, friulane e piemontesi. Altrettanto in Argentina, dove scorre il Rio Negro e comincia la favolosa Patagonia. Mosto e vino nuovo nelle cantine californiane, sudafricane, australiane, dove gli italiani si sono fatti onore anche nel vino.

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